Forse qualcuno riconoscerà nella vecchia foto la prima fidanzata, qualcun altro la gentile commessa che gli aveva messo da parte un paio di calze nell’attesa di tornare a casa a prendere i soldi, un altro il volto sorridente della responsabile del reparto che l’aiutava a scegliere il regalo per la moglie. Tutte queste gentili signorine dello storico grande magazzino del centro adesso hanno deciso di riunirsi per la prima grande rimpatriata delle commesse della Upim a una cinquantina d’anni dalla nascita dell’emporio a Monza, uno degli elementi simbolo della storia del costume cittadino.
Giovedì 18 settembre le colleghe che nel corso di questi decenni si sono succedute hanno deciso di riunirsi per una cena, per ricordare i vecchi tempi, di un simbolo che per molte è stato anche la prima occupazione lavorativa e per altre la realizzazione di un sogno che coltivavano fin da bambine.
«Ho sempre desiderato fare la commessa al grande magazzino – racconta Antonietta Monzo, storica commessa della Upim e organizzatrice della rimpatriata – Un’aspirazione che sono riuscita a realizzare fin da ragazza quando ho iniziato a lavorare alla Upim e lì ho concluso la mia carriera».
Tanti gli aneddoti che ritornano alla mente tornando indietro negli anni, ritratto di una modalità e ambiente di lavoro che, ormai, fanno parte del passato.«C’era il mito delle commesse del grande magazzino – aggiunge – Mi ricordo le file di fidanzatini che aspettavano le commesse davanti all’ingresso». Ma altrettanto dolce il ricordo di una vita trascorsa tra quelle corsie, in un ambiente comunque familiare e dove si era creato un rapporto di stima e di cordialità con i clienti. «Alla Umpin si stava bene – aggiunge sulla scia dei ricordi Antonietta – Come in tutte le realtà lavorative si creavano gruppi, ma con le colleghe era possibile anche sfogarsi». Alla Upim però si lavorava anche tanto, e le soddisfazioni e i riconoscimenti alle commesse monzesi non sono certo mancati.
«Abbiamo vinto anche diversi premi – aggiunge – La filiale di Monza era tenuta molto in considerazione. E ogni quindici giorni ci venivano date 200 lire per andare dal parrucchiere». Insomma l’immagine della commessa doveva essere impeccabile, per rappresentare al meglio l’azienda.«Ma altrettanto bello era il rapporto con il cliente – conclude – Verso il quale avevamo sempre un occhio di riguardo e soprattutto un grande sorriso». E guardando al mondo del lavoro oggi, c’è sicuramente nostalgia ma anche amarezza. «In quei tempi fare la commessa era un’aspirazione – conclude – Oggi per tante ragazze una scelta obbligata».