Chiuse le coop della ‘ndrangheta: in 110 restano senza lavoro

Chiuse le coop della ‘ndrangheta: in 110 restano senza lavoro

Monza – Non basta la crisi, i licenziamenti arrivano anche per colpa dell’ndrangheta. Così 110 lavoratori, quasi tutti immigrati, che erano assunti da due cooperative parte di un consorzio di imprese il cui presidente è indagato, tra l’altro, per associazione per delinquere di tipo mafioso, si sono trovati da un giorno all’altro per strada, dopo che l’azienda appaltatrice aveva disdetto i contratti con le due coop dopo l’operazione antimafia dei carabinieri. Per il quarto giorno consecutivo i lavoratori delle cooperative operanti presso il polo logistico Centro del Rondò di via Londra 1/3 a Segrate (Milano) stazionano lungo i marciapiedi adiacenti ai magazzini. Sul posto ci sono i sindacalisti della SdL Intercategoriale di Milano che spiegano che "sabato scorso 110 dipendenti delle cooperative Work progress scar e Work Time, che fanno capo al Consorzio Imprese Ytaka e che lavorano in appalto per il gruppo Sma, si sono trovati chiusi i cancelli del proprio posto di lavoro e senza più un impiego, senza che ci fosse alcuna comunicazione formale". Da allora, i lavoratori, quasi tutti immigrati regolari di origine araba e filippina, stazionano giorno e notte davanti ai magazzini, in attesa di sapere cosa succederà. "Siamo venuti a sapere informalmente – spiegano i sindacalisti – che il gruppo Sma aveva revocato all`improvviso, venerdì 20 marzo, la commessa di lavoro alle cooperative per via, si dice, di un’indagine sulla ‘ndrangheta nei confronti di una persona che lavorerebbe presso una delle cooperative".
Il Consorzio Imprese Ytaka di Brugherio (Milano), attivo principalmente sul fronte del facchinaggio e logistica nel campo dell’edilizia, è coinvolto nell’inchiesta per associazione per delinquere di tipo mafioso e altri reati, che ha portato all’operazione Isola, condotta il 16 marzo scorso dai carabinieri del Gruppo di Monza. Considerati dagli investigatori i referenti della cosca calabrese dei Barbaro, i Paparo (il padre Marcello soprattutto, ma nell’indagine c’è anche la figlia Luana), secondo l’inchiesta coordinata dal pm della Dda di Milano Mario Venditti, facevano parte di un’organizzazione che si inseriva con metodi mafiosi nelle procedure di assegnazione di appalti di importanti società impegnate nella realizzazione di opere pubbliche. Oggi al presidio dei lavoratori, che continuerà sino a sera, i sindacalisti tenteranno di aprire un dialogo con le aziende coinvolte. Sul presidio "vigilano" diverse camionette delle forze dell’ordine.