Materazzi e Ferri, lezionedi sport in via Sanquirico

Materazzi e Ferri, lezionedi sport in via Sanquirico

Monza – «Se fossi io il vostro allenatore vi direi: voi siete i più forti, nessuno vi può battere». C’è tutto l’impeto del lottatore, di chi ha fatto del calcio l’unica occasione di riscatto per emergere, nelle parole che Marco Materazzi ha detto ai detenuti di Sanquirico durante l’incontro che si è svolto il 9 novembre, nel teatro della casa circondariale. È la prima volta che un giocatore di serie A, campione del mondo, varca i cancelli del carcere di Monza. Con lui anche Riccardo Ferri, glorioso protagonista dell’Inter dei record dei primi anni Novanta.

L’incontro, organizzato da Gianluca Galeazzi del settore educativo e dal figlio del mitico Giacinto Facchetti, Gianfelice, che in carcere propone un corso di teatro, è da subito animato e partecipato. Molte le domande: come sono arrivati al successo, quanto è costato, quanti i sacrifici, quali le glorie e poi il rapporto con la realtà, il momento del ritiro, la famiglia. I detenuti animano la chiacchierata in un crescendo di interventi.

«Avete mai avuto il timore di non farcela?» chiede uno. «No, mai – risponde con la faccia di pietra il campione del mondiale di Berlino – la strada è stata lunga e ho dovuto mangiare moltissima polvere, ma sono altrettanto certo di avere avuto molta fortuna per essere arrivato dove nessuno credeva». «Per arrivare in cima occorre determinazione, talento ma anche tanto equilibrio, anche e soprattutto quando si è molto giovani – aggiunge Ferri -. È fondamentale scegliere bene chi ti sta accanto».

Inevitabile la domanda sulla famosa testata di Zidane. «La mia fu una reazione al suo atteggiamento di superiorità. In quel momento, sul campo di gioco, eravamo uguali, e il risultato era 1 a 1, eppure lui si credeva superiore a me».

Sarah Valtolina