L’infermiera del San Gerardo di Monza: «Ho stretto le mani ai pazienti che morivano senza parenti»

Una infermiera del San Gerardo scrive al sindaco di Muggiò per raccontare gli sforzi fatti, il dolore, le speranze degli operatori sanitari. Anche quando sono le sole persone ad accompagnare le persone che non sopravvivono al Covid-19.
L’ingresso dell’ospedale San Gerardo
L’ingresso dell’ospedale San Gerardo

La pressione che si allenta sull’ospedale di Monza, i turni che restano sfiancanti, il dolore per chi non sopravvive al Covid-19 e muore solo. C’è questo nella lettera che una infermiera di Muggiò ha scritto al sindaco del suo Comune, Maria Fiorito, per raccontare speranze e sofferenza al San Gerardo.

“Nel mio reparto ho tante persone giovani, ma anche persone di Muggiò, e la cosa che mi dispiace di più è vedere loro morire senza avere nessuna a fianco. Ho stretto le loro mani durante il loro ultimo respiro, ho detto loro di prendersi cura dei loro cari. È difficile Maria. Mi scendono le lacrime, ma devo essere forte. Per me. Per voi. Per tutti!” ha scritto al primo cittadino, che ha scritto di essere commossa per il messaggio. “Lo riportiamo qui (ovviamente dopo essere stati autorizzati dalla persona che lo ha scritto) perché pensiamo possa essere davvero importante per capire quanto sia fondamentale stare ancora a casa e rispettare le norme” ha scritto il primo cittadino sulla pagina Facebook del Comune ringraziando il personale sanitario per il suo “sforzo immane”.

“Ciao Maria, sono una ragazza di Muggiò” è l’inizio del messaggio. “La mia non è una lettera qualsiasi, ma è una lettera di ammirazione nei vostri confronti. Sono un’infermiera che dal 2000 lavora al San Gerardo di Monza. Sì, sono quasi 20 anni di passione, sacrifici e amore per tutte le persone ricoverate. Per noi non ci sono feste, non ci sono domeniche, salti di riposo. Anzi scusami se ti scrivo ora, ma da pochi giorni al San Gerardo iniziamo, come si dice, a respirare! Si. sono molto stanca, perché sai a che ora inizi il tuo turno ma non sai quando finisce”.

E poi l’appello a tutti: “Quando diciamo di stare a casa è perché io so cosa vuol dire non respirare e avere tutto il giorno un casco in testa! Non vedo mia mamma da un mese, lei è a casa, la sento dieci volte al giorno, ma a me va bene così perché ho paura, ho paura per lei! Grazie per ciò che fai a Muggiò e spero che un giorno, quando tutto questo finirà, potremo stringerci la mano!”.