Se tutto fosse andato come nei piani, Monza con Tokyo avrebbe avuto un anniversario tondo da festeggiare. Invece ci si è messa di mezzo una pandemia: olimpiadi rinviate, piani da rifare, atleti da ripreparare. E anche anniversari da ricalcolare: allora la prima medaglia olimpica di un monzese festeggerà un inedito anniversario tondo di 100 anni più uno.
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È il bronzo conquistato ad Anversa 1920 da Ernesto Ambrosini sui 3mila siepi , corsi in tre batterie a metà agosto.
La prima medaglia a cinque cerchi e di un certo peso nella storia dello sport di Monza.
Del “biondo monzese che rivoluzionò l’atletica” il Cittadino ha scritto più volte e la memoria dell’impresa vive grazie agli articoli del giornalista Mario Bonati: “Ambrosini si staglia come l’inarrivabile campionissimo della storia dell’atletica leggera monzese – si legge -. Senza la mattanza della Prima guerra mondiale, il bersagliere Ambrosini, ferito gravemente nell’autunno del 1915 a Santa Lucia di Tomezzo con il gemello Michele, avrebbe potuto battagliare ancor più per il predominio continentale con i grandissimi dell’epoca”. Ma risultati e vittorie comunque non mancheranno.
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Operaio gasista, dopo dodici ore di lavoro, dedica il riposo agli allenamenti partecipando “alle gare senza alcuna discriminazione: dalle brevi distanze alla classica maratona”. Ambrosini corre “alla garibaldina”. Ad Anversa viene iscritto a sette gare (tre da riserva) ed è terzo sui 3mila siepi dopo l’eliminazione negli 800 metri. Passato l’anno successivo a vestire il glorioso bianconero della Forti e Liberi, nel 1923 stabilirà anche il record mondiale sulla distanza delle siepi (e nel ’24 sarà ai Giochi di Parigi). Ma la federazione internazionale lo riconoscerà solo nel 1954, tre anni dopo la morte. “Detto tra noi: Ernesto Ambrosini è stato più di un campione unico e irripetibile. È stato il più grande di tutti”, aveva scritto ancora Bonati.
Si può considerare capofila di una schiera di grandi atleti e olimpionici sfornati dalla Brianza e da Monza, in particolare dalla palestra di viale Cesare Battisti: per la ginnastica artistica Franco Tognini, oro a Los Angeles nel 1932 nella gara a squadre, poi in pedana a Berlino 1936 e nel 1948 ai Giochi di Londra come ct della squadra di ginnastica. E poi Ottavio Monti (Anversa del 1920 e Parigi 1924) ed Ettore Perego (Londra 1948). La storia di una medaglia sfiorata è quella di Armando Sardi, un altro grande monzese sulle piste di atletica leggera. Celebrato a settembre 2020 dal Comune di Monza con la Medaglia della Luna in occasione degli 80 anni, accarezza il podio con la 4×100 alle olimpiadi di Roma 1960, quelle che consacrano Livio Berruti sui 200 metri.
Il quartetto con Sardi finisce quarto a un solo centesimo dall’Inghilterra. Tokyo 1964 e Città del Messico 1968 rappresentano l’ideale passaggio di testimone con Sergio Ottolina, velocista di Lentate sul Seveso (bronzo agli Europei del 62), finalista sui 200 metri in Giappone e in finale con la staffetta in entrambe le rassegne olimpiche. In quel decennio, le olimpiadi di Roma non sono però solo quelle di Livio Berruti. Rappresentano anche una sorta di crocevia tra pista e pedane, tra personaggi vincenti.
A Roma infatti, oltre alla medaglia d’oro del desiano Luigi Arienti nell’inseguimento su pista al velodromo del ciclismo, arriva anche l’ultimo oro di Edoardo Mangiarotti, schermidore nato a Renate nel 1919: l’atleta più medagliato della storia sportiva italiana. Dal 1936 fino al ritiro nel 1960 aveva collezionato 13 medaglie olimpiche (sei ori, cinque argenti, due bronzi) ai Giochi di Berlino 1936, Londra ’48, Helsinki ’52, Melbourne ’56, Roma 1960.
Specialista di spada e fioretto, era un predestinato: allievo e figlio del maestro Giuseppe Mangiarotti (azzurro a Londra 1908), nome della più storica sala d’armi di Milano, una volta posata l’arma aveva continuato a vivere sport e giochi olimpici fino a Pechino 2008 come giornalista, segretario generale e rappresentante della Federazione Internazionale di Scherma e capo delegazione delle scherma italiana. La morte nel 2012, alla vigilia dei giochi di Londra. Corsi e ricorsi storici e intrecci che portano fino a oggi. Con la Brianza protagonista nella ginnastica artistica, nel ciclismo, sulle pedane della scherma. E (si spera) di nuovo anche sulle piste di atletica.
In tempi recenti l’impresa della medaglia olimpica è riuscita a Igor Cassina, splendido oro alle olimpiadi di Atene 2004, e al vimercatese Matteo Morandi, bronzo agli anelli a Londra 2012. Cassina, seregnese della Ginnastica Meda, è passato alla storia per essere stato il primo italiano a vincere alla sbarra, un oro che ha rappresentato la medaglia numero 500 dell’Italia ai Giochi, e anche per aver dato il nome a un movimento – il “Cassina” – che componeva l’esercizio della finale.
Morandi invece, cresciuto alla Casati Arcore e poi nel gruppo sportivo dell’Aeronautica, con il podio aveva perpetuato una tradizione vincente raccogliendo il testimone dal Signore degli anelli, Yuri Chechi.
Accanto a loro per tre edizioni da Atene a Londra anche Matteo Angioletti (Ginnastica Meda, medagliato ai Giochi del Mediterraneo). A Londra 2012 la Brianza aveva festeggiato anche col ciclismo e Marco Aurelio Fontana, giussanese cresciuto sportivamente a Cesano Maderno, bronzo nel cross country.