Vimercate, il mistero del dipintodonato dal patron di Esselunga

Dovrebbe essere stato realizzato dal pittore orenese del Cinquecento Gian Giacomo Caprotti, meglio noto come il Salaino, ma resta un giallo l'attribuzione del dipinto donato da Bernardo Caprotti, patron di Esselunga, alla Pinacoteca Ambrosiana.
Vimercate, il mistero del dipintodonato dal patron di Esselunga

Vimercate – Il pittore orenese Gian Giacomo Caprotti, nato nel 1480 e morto nel 1524, meglio noto come il Salaino o Salaì, torna a far discutere il mondo dell’arte. Il giovanissimo garzone di bottega e poi allievo prediletto del genio rinascimentale Leonardo, rimastogli accanto pare anche come compagno di vita, potrebbe essere non l’autore ma il soggetto ritratto nella tela cinquecentesca ‘Testa di Cristo’ che un altro Caprotti, Bernardo, proprietario di Esselunga, ha donato alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano.

La tavola è esposta da giovedì. Attorno si scatenano gli esperti, divisi tra chi esclude scenari alternativi e clamorosi e chi apre alle letture più ardite, riconoscendo la mano leonardesca nel dipinto e i tratti del Salaì nel Cristo. La storia comincia sei anni fa. Il patron della catena di supermercati acquistò nel 2007 in un’asta di Sotheby’s per 440mila dollari la tavola attribuita a Gian Giacomo Caprotti, peraltro l’unica sua opera firmata e quindi direttamente riconducibile. Fece eseguire il restauro. Recentemente la decisione di donarla all’Ambrosiana.

La tavola raffigura il volto di Cristo, in posizione frontale, con i capelli mossi che incorniciano un viso che ricorda il San Giovanni Battista leonardesco del Louvre (per il quale il Salaino fece sì probabilmente da modello), e il panneggio rosso e blu delle vesti. In basso a destra è dipinta in oro la scritta ‘Fe Salai 1511 Dino’, firma che parrebbe attribuire la paternità dell’opera all’allievo di Leonardo come riconosciuto già dal secolo scorso.

Tutt’altra la tesi di alcuni studiosi e di esperti che Caprotti aveva incaricato di analizzare il quadro. Qui lo scenario che si apre è diverso: dalle analisi risulterebbe che la firma è abrasa e riscritta in epoca coeva al dipinto e non indicherebbe l’autore ma, a mo’ di dedica, svelerebbe il modello utilizzato dall’esecutore per dare fisionomia al Cristo. Salaino, appunto. Il che significherebbe che la mano sarebbe quella del maestro? Un grande interrogativo aperto.