Silvio Berlusconi lascia ArcoreMartedì a Roma la sfida ai voti

Silvio Berlusconi lascia Arcore dopo una giornata di colloqui e ad alta tensione. A villa San Martino i figli, Confalonieri, Ghedini e Calderoli. Martedì a Roma la sfida al parlamento sui voti. E' uscito per l'ultima volta dalla villa come presidente del consiglio?
Silvio Berlusconi lascia ArcoreMartedì a Roma la sfida ai voti

Roma, 7 nov. (TMNews) – Dall’uomo delle ‘self-fulfilling prophecies’ certo non ci si poteva aspettare altro che una ricca dose di ottimismo. “Avremo la maggioranza per fare le riforme” ha detto Silvio Berlusconi questa sera in collegamento telefonico con una manifestazione a Monza. Una frase che sembra fuori dal tempo e dallo spazio, visto che anche i suoi fedelissimi, oltre a Roberto Maroni, gli hanno consigliato di farsene una ragione e di accettare che la base parlamentare non c’è più.

Ma evidentemente il presidente del Consiglio spera di accatastare voti più o meno come il protagonista della storiella spesso raccontata in pubblico accatastava legna per l’inverno. Si passa così dalle dimissioni ad horas a cui sarebbe stato pronto questa notte, secondo quanto svelato anche da Giuliano Ferrara, a quel “voci destituite di ogni fondamento” pronunciato all’ora di pranzo. Non solo. Perchè Silvio Berlusconi si proietta già oltre il voto-rischio di domani sul Rendiconto e annuncia l’intenzione di voler chiedere subito dopo la fiducia sulla lettera all’Ue per guardare in faccia chi ha il coraggio di tradirlo.

Di mezzo c’è un incontro ad Arcore con i figli e con Fedele Confalonieri che avrebbero rafforzato l’idea del premier di non mollare. Ma anche un vertice con la Lega, rappresentata da Roberto Calderoli, in cui l’invito a fare il ‘passo di lato’ avrebbe ricevuto in risposta un altro ‘no, grazie’. “Non sono affatto convinto che i numeri non ci siano” ha detto il premier a un esponente del Pdl che è andato a trovarlo oggi a villa San Martino. D’altra parte il premier ha già in programma per domani mattina una serie di incontri con i cosiddetti ‘dissidenti’ per tentare l’ultimo affondo.

Cosa accadrà dopo, dipenderà in buona parte dal voto sul Rendiconto dello Stato. Il Pdl stima che i voti della maggioranza varino tra i 314 e i 311. E’ evidente che nella peggiore delle ipotesi, e se effettivamente i voti dei dissidenti e delle opposizioni confluissero tutti nell’area bianca dell’astensione, il governo sarebbe virtualmente in minoranza. Nella migliore delle ipotesi, invece, la maggioranza rimarrebbe tale ma al di sotto della soglia di sicurezza di 316. I numeri, dunque, saranno determinanti anche nel colloquio che il presidente del Consiglio potrebbe avere forse già domani con il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Se i numeri non si traducessero in una debacle, viene spiegato, Berlusconi confermerebbe al Colle la sua decisione di chiedere la fiducia sulla lettera Ue, nella convinzione anche di poter recuperare nel frattempo i deputati necessari a sopravvivere. In quel caso si potrebbe votare prima nel più sicuro Senato e poi, giovedì, a Montecitorio.

Se invece i numeri dovessero essere al di sotto delle aspettative, ragionano nella maggioranza, gli scenari si farebbero più sfumati. Berlusconi a quel punto potrebbe decidere di presentarsi al Colle annunciando la sua intenzioni di dimettersi, ma solo a condizione che si vada a elezioni anticipate. Insomma, senza governi di transizione. Non è tuttavia solo questo il ragionamento che si fa in queste ore tra chi nel Pdl tiene i contatti con il Terzo Polo: sarebbe nuovamente stata prospettata l’ipotesi di un governo Letta al quale il premier (e pare lo stesso interessato) si sarebbero opposti. Da qui anche l’opzione di un governo Monti con la suggestiva possibilità di fare dell’attuale sottosegretario il futuro vice premier.