Seveso – Agli occhi della gente era una trentacinquenne come tanti altri, che da qualche tempo viveva con la famiglia in corso Isonzo, ma il passato non si può cancellare e per lui si sono spalancate le porte di una cella del carcere di Monza con l’accusa, tra le tante, anche di violenza e minaccia agli elettori. Lui è Maurizio Consagra, classe 1975, pregiudicato, noto alle forze dell’ordine siciliane, nullafacente, nativo e per l’anagrafe ancora residente a Licata in provincia di Agrigento. All’alba dello scorso martedì 15 giugno è stato arrestato nella sua casa di Seveso nell’ambito di una maxioperazione contro lo spaccio di sostanze stupefacenti condotta dai carabinieri della compagnia di Licata diretta dal capitano Massimo Amato.
Alla fine gli uomini dell’Arma hanno arrestato 53 persone, alcune donne e persino dei minorenni, e denunciate oltre 100, portando alla luce un’organizzazione illecita che facendo uso di armi clandestine acquistava coca, marijuana e hashish provenienti da Germania, Calabria, Catania, Sommatino in provincia di Caltanisetta e Palermo. L’indagine battezzata «Ballarò», come il quartiere di Palermo dove venivano acquistati gli stupefacenti poi rivenduti a Licata, è arrivata fino in Brianza in collaborazione con i carabinieri di Seregno e in particolare i militari della stazione di Meda.
La ragione? Maurizio Consagra che da qualche mese era diventato sevesino, portandosi come bagaglio una fedina penale pesantissima. «Ballarò» ha ulteriormente aggravato la sua posizione giudiziaria, lui già pregiudicato, imputandogli anche l’accusa di detenzione e porto illegale in luogo pubblico di armi e munizioni clandestine, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti e soprattutto violenza e minaccia agli elettori. I fatti risalgono a due anni fa, al 2008, quando la città di Licata è chiamata a eleggere il nuovo consiglio comunale e il sindaco. Consagra in piena campagna elettorale avrebbe controllato illecitamente la distribuzione delle acque reflue, trafugate illegalmente dal depuratore comunale, costringendo i coltivatori della zona a votare un determinato candidato al consiglio comunale.
Se non avessero ottemperato alla “proposta irrifiutabile”? La punizione sarebbe stata l’estromissione dall’illecita distribuzione delle acque da utilizzare per irrigare i campi, insomma la rovina sicura. Il trentacinquenne di Licata, ritenuto un uomo di spicco dell’organizzazione criminale, dopo l’arresto è stato condotto alla casa circondariale monzese.
Cristina Marzorati