Seregno: caso Viganò-Tagliabue,a dover pagare è l’ex assessore

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Seregno – Non avendo ravvisato le prove indispensabili per avvalorare la tesi accusatoria delle molestie telefoniche, la sezione civile del tribunale di Desio ha respinto il 22 febbraio la richiesta di Mariateresa Viganò, già assessore alle Politiche sociali ed oggi consigliera comunale del Popolo della libertà a Seregno, di ottenere un risarcimento danni di circa 80mila euro da Aurelio Tagliabue, presidente del Consiglio comunale seregnese tra il 2003 ed il 2005 ed in seguito tra i banchi dell’assise in quota al Partito Democratico.
La novità, diventata di dominio pubblico nelle ultime ore, ha sorpreso l’opinione pubblica, che aveva seguito con molta attenzione il caso, salito alla ribalta delle cronache nell’estate del 2008 quando i Carabinieri avevano accertato che era di Tagliabue il cellulare utilizzato nell’arco dell’anno e mezzo precedente per effettuare numerose chiamate mute sull’utenza mobile privata di Viganò, senza che la stessa conoscesse l’identità del proprietario. Da lì era scaturita una denuncia, sfociata successivamente in un processo penale conclusosi con il pagamento di un’oblazione di circa 300 euro da parte dell’accusato. Era iniziato poi il procedimento civile.
Decisiva per il rigetto dell’istanza di Viganò, che adesso dovrà sborsare, tra spese processuali ed onorari per il legale della controparte, poco meno di 11mila euro, sono state le sole sei telefonate registrate dai tabulati nell’arco dei tre giorni di inizio settembre di quattro anni fa, periodo preso a campione in sede di indagine, tutte giornaliere e pertanto non considerate fonte di possibile disturbo.
Ammantato di un’evidente tristezza il commento di Viganò: «È stato il pubblico ministero del processo penale, convinto della fondatezza delle prove addotte, a chiedere i tabulati di questi tre giorni, all’interno di un intero anno solare, ed a decidere per il rinvio a giudizio della mia controparte, che poi ha chiuso l’iter scegliendo la via dell’oblazione, prevista dalla legge. Il parere del giudice civile è stato diverso. Ognuno tragga le sue conclusioni: io penso che tutti dovremo rispondere al Padreterno dei nostri comportamenti, ma che dobbiamo anche convivere con la nostra coscienza».
Amareggiato anche Luigi Cimino, avvocato di Tagliabue: «Spiace che per tanto tempo il mio cliente sia stato additato da tutti come un delinquente, quando invece due procedimenti non ne hanno certificato la colpevolezza. Spero che quanto si è verificato sia di monito per evitare che in futuro una persona possa essere nuovamente distrutta sia per i giornalisti, ma anche se non soprattutto per la classe politica seregnese, che troppo in fretta ha scaricato Tagliabue. Occorre avere pazienza nel giudicare, perché non sempre le accuse corrispondono ad una condanna».
P.Col.