Varese – Tutti condannati e a tempo di record: nemmeno un anno dopo il furto della borsetta di Emilia Macchi, alias lady Maroni, moglie del ministro dell’Interno, ecco che in tribunale sono stati giudicati i tre imputati – ovvero chi il 17 novembre dello scorso anno aveva materialmente messo le mani sulla borsa, trafugandola dalla Panda parcheggiata davanti al cimitero di Lozza – Ronny Wiess, 20 anni, di etnia Sinti, formalmente residente nel campo nomadi di Desio/Lissone, e due pizzaioli marocchini di Monza – Raed Algala, 37 anni e Mohamed Shafie, 30 anni – che hanno acquistato i telefoni della signora Maroni.
La borsa conteneva il portafoglio con duecento euro, effetti personali e documenti e due telefoni cellulari. Un venditore di fiori di origine cingalese aveva assistito al furto ed aveva cercato di inseguire il ladro senza riuscire a fermarlo. Tutti condannati a sei mesi dal giudice Rossella Ferrazzi, con i doppi benefici di legge della sospensione e della non menzione. Un quarto uomo, Alberto Labbiate, 46 anni, anche lui Sinti e come Wiess residente nel campo nomadi brianzolo, che guidava la macchina sfuggita all’inseguimento della polizia sotto le finestre della casa del ministro a Lozza, aveva già saldato il proprio conto patteggiando.
Davvero è stata notevole la sollecitudine nelle indagini. È emerso per esempio che nemmeno sei ore dopo avere inserito la propria sim card nei telefonini rubati, i due ricettatori si sono visti entrare in casa una intera squadra della polizia: grazie alla geolocalizzazione, i due apparecchi appena riattivati erano stati subito individuati.