Accanto ai malati delle strutture ospedaliere, con una presenza fatta di ascolto e silenzio. Con questo stile, Ami, Associazione Maria Immacolata, opera dal 1995. A darle vita don Carlo Stucchi, cappellano del Pio albergo Trivulzio di Milano, con la benedizione dell’allora arcivescovo Carlo Maria Martini che arrivò proprio il 31 dicembre dello stesso anno. Sono passati 18 anni e Ami continua a testimoniare la presenza della Chiesa e la sua sensibilità verso il mondo dei malati e degli anziani nei luoghi di maggiore sofferenza. «Il volontario Ami- spiega don Stucchi – s’impegna a considerare il malato come soggetto e non come oggetto del suo servizio. Per realizzare quest’obiettivo al primo posto, al centro del rapporto interpersonale col malato, ci sono proprio il silenzio e l’ascolto». Certo, non un silenzio vuoto, ma «attivo e partecipativo, che lascia massimo spazio all’ascolto dell’interlocutore».
Perché l’ascolto è il fondamento d’ogni relazione d’aiuto e il presupposto d’ogni forma di comunicazione. Ed è così che chi soffre per una malattia o una infermità, attraverso l’ascolto ha la percezione di essere preso in considerazione, con le sue sofferenze, le sue emozioni e le sue paure. Proprio per questo il volontario Ami ha un ruolo fondamentale, in cui l’azione arriva solo dopo un dialogo, e magari proprio su richiesta del malato. Un motto che si traduce in una presenza tanto discreta quando basilare. I volontari Ami, oltre al Trivulzio, operano all’ospedale San Raffaele, all’istituto geriatrico Redaelli di Vimodrone, all’istituto auxologico monsignor Bicchierai e all’istituto Frisia di Merate, in provincia di Lecco. Un impegno non da poco. E proprio per questo oggi l’associazione è alla ricerca di nuovi volontari, disposti a donare almeno un’ora ogni settimana ai malati.
Ne sa qualcosa il monzese Angelo Longoni che, da qualche anno in Ami, è divenuto ora responsabile del gruppo volontari al San Raffaele. «Il volontario Ami antepone l’ascolto ai gesti di servizio di tipo esclusivamente materiale, rivolti al contesto esteriore della persona. – ribadisce don Carlo Stucchi, da 27 anni al Trivulzio (vicino a festeggiare i 50 anni di sacerdozio). -Egli sa che ascoltare vuol anche dire stare vicino, perdere tempo accanto al malato, soffermarsi a capire, porre discrete domande e ascoltare risposte, lasciare spazio al dialogo ma anche alla riflessione e ai silenzi, in modo da far nascere un rapporto di fiducia duraturo, affidabile e non passeggero e superficiale».
Al diminuire dell’impegno per la costruzione di una nuova famiglia, o per l’educazione dei figli che, diventati adulti escono di casa, al ridursi delle tensioni per il lavoro e la carriera (con l’entrata nell’età del pensionamento) può accadere di ritrovare del tempo libero da impiegare per solidarietà. Ecco, Ami è alla ricerca di queste persone e di chiunque desideri dare una mano.
Per informazioni: segreteria 02.40.35.756, via Trivulzio 15, Milano oppure ami.trivulzio@inwind.it. Sito internet: familiarisconsortio.com.