Come un troller, variopinto, dove le donne possono metterci un po’ di tempo, tutto per loro. I servizi che la Caritas monzese dedica alle donne, “Polo lingue”, e “Spazio colore”, sono come una piccola valigia, dove poter infilare la propria storia ma anche il proprio futuro. Percorsi che diventano a loro volta, con il tempo, un bagaglio di esperienze condivise, che arricchisce reciprocamente e che sostituisce, almeno in parte, la valigia carica di incognite e difficoltà di tante donne straniere, che qui a Monza si ritrovano a cambiare radicalmente vita.
L’ideazione delle proposte Caritas, oggi accolte negli spazi messi a disposizione dai Barnabiti al Carrobiolo, nasce anni fa proprio dal bisogno di molte donne straniere di imparare la lingua. Spesso costrette a casa dalla gestione della famiglia, per molte di loro l’integrazione diviene impossibile, con lo scoglio insuperabile di non conoscere l’italiano. Oggi i corsi di lingua si sono evoluti e sono proposti in collaborazione con il Cpia di Monza e Brianza, anche finalizzati alla preparazione del test prefettura livello A2, per la permanenza in Italia.
A coordinare i progetti (con uno sguardo al territorio alimentato anche da un contatto costante con l’assessorato Pari opportunità e l’ufficio Nuovi cittadini) é Monica Grassi, monzese di 28 anni, laurea in Sociologia, con alle spalle esperienze nella programmazione di servizi sociali. Con lei c’è Gaia Spinelli, altra giovane, psicologa. Professionalità importanti che però riconoscono nel volontariato di tante altre donne monzesi l’ossatura del servizio e dei corsi proposti. Gli spazi del Polo aprono due mattine alla settimana, per il livello A1 (per donne già alfabetizzate che si avvicinano all’italiano) e il livello A2, che certifica la loro conoscenza. Tra un corso e l’altro sono più di 100 le donne in transito da qui. Perché qui c’è anche un servizio che fa la differenza, dedicato ai bambini. Educatrici professionali, ma anche volontarie (una decina, soprattutto ex insegnanti) danno la possibilità alle corsiste di portare i figli, anche molto piccoli, per lasciarli durante le lezioni in uno spazio dedicato.
«E la cosa più bella – racconta la coordinatrice – è che una donna può arrivare da noi anche ad anno già iniziato. L’inserimento lo facciamo comunque».
Insomma, l’accoglienza è la prima regola. E la lingua diviene strumento d’incontro. Su misura. Per chi è poco alfabetizzata, per chi è troppo timida, viene infatti data un’attenzione individuale. Ci sono persino donne che hanno già sostenuto l’esame per la prefettura e che tornano per fare un po’ di conversazione, per ripassare la grammatica.
Le corsiste sono in maggioranza bengalesi ed egiziane. Poi ci sono marocchine, pakistane, filippine, romene e cinesi. Spesso il passa-parola fa la differenza nell’afflusso. Nel 2015 il Polo ha accolto 94 donne di 13 nazionalità, con 82 bambini. A ottobre 2016 sono stati attivate tre classi e nove percorsi individuali. Donne arrivate in massima parte con il ricongiungimento familiare, senza una identità lavorativa, che sperimentano l’isolamento tra le mura domestiche. Ora la nuova legge che lega il permesso di soggiorno alla conoscenza della lingua le fa uscire prima di casa, le costringe subito a cercare corsi. Ma per loro lo choc culturale è comunque elevato. «Sei in un posto che non è il tuo – rimarca Grassi, – spesso la prima necessità è essere accolte e aiutate a comprendere usi e abitudini del luogo, poi arriva la lingua». Ecco perché al “Polo lingue” l’attenzione è a 360 gradi, ben oltre l’insegnamento dell’italiano. Ecco perché a questo servizio si è affiancato anche “Spazio Colore”, un centro d’incontro e scambio interculturale, sempre al femminile. Tutti i venerdì, dalle 13 alle 16, da novembre a giugno lo spazio é aperto a italiane e straniere.
Due i percorsi proposti: laboratori di vario genere (arte, creatività, cinema, teatro, danza, attività corporee) e un “salotto delle idee” con la programmazione di incontri con i servizi e i progetti del territorio dedicati alle donne, momenti di discussione e scambio per favorire il dialogo interculturale. Età variabilissima: ci sono utenti appena maggiorenni e donne di quasi 60 anni.
«È un luogo dove si lavora molto sulla cultura di provenienza e sul confronto con quella italiana, – spiegano da Caritas. – Serve anche a orientare le persone». E a soddisfare così un bisogno di costruzione di conoscenze, di relazioni. Anche molto pratico: si spiega cos’è un consultorio, si invita un’insegnante elementare per far capire l’importanza del colloquio con i genitori, si fanno lezioni di disostruzione pediatrica. Anche qui una decina di volontarie affianca gli operatori. Talvolta si unisce l’aiuto di chi partecipa a percorsi di alternanza scuola-lavoro.
Come “Polo Lingue”, anche “Spazio colore” è promosso con il contributo di Fondazione Monza Insieme e della Fondazione della comunità di Monza e Brianza. «Qui le stesse volontarie si mettono in gioco – conclude Grassi, – anche per loro è una crescita confrontarsi con le altre donne». Qui, a “Spazio colore”, con il loro bagaglio di esperienze, tutte (italiane, straniere, volontarie) si sentono, finalmente, a casa.