Parmalat, tre anni e sette mesial banchiere monzese Arpe

Condanna a tre anni e sette mesi in primo grado a Matteo Arpe, banchiere monzese di 47 anni, cinque anni a Cesare Geronzi. Il primo è accusato di bancarotta, Geronzi di bancarotta fraudolenta e usura aggravata nell'ambito del processo Ciappazzi, filone del crac Parmalat.
Parmalat, tre anni e sette mesial banchiere monzese Arpe

Monza – Tre anni e sette mesi contro i due anni e sei mesi chiesti dall’accusa: questa la condanna inflitta oggi in primo grado dal tribunale di Parma a Matteo Arpe, banchiere monzese di 47 anni, già amministratore delegato di Capitalia. Cinque anni, contro i sette richiesti, invece a Cesare Geronzi.

Arpe è accusato di bancarotta, Geronzi di bancarotta fraudolenta e usura aggravata, nell’ambito del processo Ciappazzi, uno dei filoni nati dal crac del gruppo Parmalat. Il processo riguarda la vendita alla Parmalat delle acque minerali Ciappazzi, che l’azienda di Calisto Tanzi acquistò dal gruppo Ciarrapico.

Il procedimento vedeva imputate otto persone, Geronzi e Arpe per i rispettivi incarichi nell’allora Banca di Roma. Geronzi, stando all’accusa, avrebbe fatto pressioni perché Tanzi nel 2002 acquistasse la Ciappazzi dal gruppo Ciarrapico, che era fortemente indebitato con la banca romana.

Per Arpe, invece, l’accusa era di bancarotta fraudolenta in merito a un prestito ponte da 50 milioni di euro concesso dall’istituto di cui era amministratore delegato al gruppo agroalimentare.

Condanna anche per il gruppo Unicredit, “erede” della Banca di Roma, in solido con Geronzi e Arpe, a risarcire le parti civili costituite e al pagamento di una provvisionale pari al 4% dell’importo nominale delle azioni od obbligazioni Parmalat possedute dalle parti civili.
r.m.