Egregio Avvocato, sono un padre separato, con due figli. Ho fatto una separazione consensuale concordando con mia moglie un contributo al mantenimento dei figli che adesso, a causa della riduzione del mio reddito, non riesco più a corrispondere. Infatti il negozio del quale sono titolare, anche a causa delle chiusure dovute alla pandemia, ha notevolmente ridotto le proprie vendite. Ho provato a chiedere a mia moglie di ridurre il mantenimento, ma lei non vuole. Cosa posso fare?
Egregio Signore, le condizioni contenute in un provvedimento di omologazione della separazione consensuale o nella sentenza di separazione o di divorzio, qualora ne ricorrano i presupposti, possono essere modificate dal Tribunale in qualunque momento.
L’art. 337 ter c.c. prevede che, salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provveda al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito. Anche nella eventualità in cui, come nel vostro caso, le parti abbiano concordemente stabilito l’entità del contributo al mantenimento dei figli, il parametro di riferimento da tenere in considerazione è dato dalle condizioni reddituali dei genitori nel momento in cui tale contributo è stato determinato.
Ne consegue che apprezzabili mutamenti, in peius o in melius, sia delle condizioni patrimoniali dell’obbligato quali ad esempio il reperimento di attività lavorativa meglio retribuita, la sopravvenienza di figli, l’insorgenza di malattie che comportino un decremento dei redditi o un aumento di spese o, come nel suo caso, la sensibile diminuzione di reddito da lavoro per una crisi economica o per la perdita del posto di lavoro, sia delle esigenze dei figli ad esempio per motivi legati all’età o a particolari necessità degli stessi, possono dar luogo a modifiche delle statuizioni economiche.
In particolare, la richiesta di modifica “in diminuzione” del contributo al mantenimento dei figli deve essere sorretta da circostanze sopravvenute e rilevanti in rapporto alla pregressa situazione economica della parte e comunque tali da rendere impossibile o eccessivamente onerosa (secondo una valutazione rimessa al giudice di merito) la prestazione precedentemente imposta all’obbligato o, nel suo caso, stabilita concordemente a suo carico.
L’istanza al tribunale può essere presentata da una sola delle parti o anche da entrambe, congiuntamente, e in sede di modifica il Giudice procederà ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o dell’entità dell’assegno limitandosi tuttavia a verificare se e in quale misura le circostanze sopravvenute abbiano alterato la situazione esistente al momento della statuizione precedente e, ove ne ricorrano i presupposti, provvederà ad adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale.
Le evidenzio inoltre che è data alle parti la possibilità di scegliere una forma di risoluzione dei conflitti alternativa al tribunale, quale è la negoziazione assistita da un avvocato prevista dal decreto legge 132/2014, che ha l’indubbio vantaggio di garantire tempi più rapidi e costi più contenuti.
L’accordo raggiunto in esito al procedimento di negoziazione assistita, superato il vaglio del Procuratore della Repubblica – che in presenza di figli minori, maggiorenni incapaci, con handicap grave o non autosufficienti economicamente dovrà valutarne l’idoneità a tutelare gli interessi degli stessi mentre, in mancanza, dovrà unicamente valutarne la regolarità formale – produrrà gli effetti di un provvedimento giudiziale.
Se non si riesce a raggiungere un accordo non resta che rivolgersi all’autorità giudiziaria.
Avv. Reno Grillo *
* Iscritto all’ordine degli Avvocati di Monza a far data dal 2007. Nato e cresciuto a Monza, ha frequentato il liceo classico e si è poi laureato presso l’università Statale di Milano Bicocca. Iscritto alle liste del Patrocinio a spese dello Stato, si occupa di diritto civile in genere ed in particolare di diritto di famiglia.