Vimercate – L’omicidio perfetto esiste. È quello in cui l’assassino fa scomparire efficacemente l’arma del delitto, evita di lasciare anche la minima traccia di sé e non modifica le sue abitudini per non attirare i sospetti. Un lavoro pulito, insomma, senza rimorsi e senza sconti ai segugi delle forze dell’ordine. L’omicidio perfetto esiste, dunque, ed è successo a Vimercate, il 3 o 4 gennaio scorsi, in via Adige 23 dove hanno perso la vita Antonio Campanini, 83 anni, ingegnere dalle abitudini eccentriche e dal capitale ingente, ed Azucena Moreno Laino, 78 anni, argentina d’origine, ex badante dell’ingegnere e poi sua compagna e convivente.
Cos’è cambiato – Duplice omicidio, senza dubbio, perpetrato quasi cinque mesi fa e ancora impunito. La prospettiva del tempo non chiarisce il quadro, semmai dissolve ulteriormente le speranze che ci sia una soluzione alla Csi con occhio di bue puntato sul colpevole. Nessuno si sbilancia tra gli inquirenti, ma stando ai fatti c’è poco di cui parlare. L’arma utilizzata non solo non è stata trovata ma neanche identificata. Una mazzetta, un attrezzo della palestra casalinga che usava Campanini per la riabilitazione, un qualunque altro corpo contundente dotato di impugnatura e abbastanza pensante. Tracce organiche, impronte digitali anche parziali, altri indizi non ce ne sono, nemmeno un capello perso in un angolo. Perfino al pozza di sangue rappreso ai piedi delle poltrone su cui sono stati trovati i due anziani appare pressoché intonsa. Sebbene l’ipotesi che a colpire sia stato un killer professionista non è tra le più probabili, il risultato sembra il medesimo. Roba da esperti, come il serial killer Dexter, dei romanzi di Lindsay, meticoloso collaboratore della scientifica di Miami. Neanche i colleghi italiani che operano nei Ris dei carabinieri sembrano raccapezzarcisi. Da Parma infatti gli esiti dei rilievi effettuati una settimana dopo l’omicidio per una giornata intera non sono mai stati trasmessi.
Le analisi scientifiche – Eppure secondo indiscrezioni non sono mancati in questi mesi i solleciti da parte degli investigatori brianzoli, ovvero gli uomini del colonnello Michele Piras, comandante del nucleo investigativo di Monza, e quelli del capitano Marco D’Aleo, comandante della compagnia di Vimercate. I solleciti sono rimasti però lettera morta, segno che c’è molto su cui lavorare, si pensava allora. Segno che non è saltato fuori nulla di particolare, si pensa oggi. Neanche il referto dell’autopsia condotto dal medico legale è stato ancora depositato. Forse si tratta di prudenza in una faccenda complessa, ma il ritardo ha dell’eccezionale e in un certo senso spunta le armi di chi deve condurre le indagini attorno all’assassinio di Vimercate. Non si capacitano di tanta attesa i familiari argentini della 78enne che attraverso l’ambasciata in Italia ogni tanto chiamano i carabinieri per avere qualche aggiornamento.
L’ultima telefonata risale a qualche settimana fa, ma gli oggetti di proprietà di Azucena sono ancora sigillati in via Adige dove la vegetazione sta inghiottendo l’ingresso.
Valeria Pinoia