Muggiò: Taccona in luttoE’ morto Don Perugia

Muggiò: Taccona in luttoE’ morto Don Perugia

Muggiò La luce del suo studio spesso rimaneva accesa fino a tarda sera. Non era difficile immaginarlo assorto nella lettura, commenti e vite dei santi, a scrivere appunti per la sua prossima omelia, a ritagliare articoli dai giornali. Così, fino all’ultimo.

Don Giuseppe Perugia si è spento a novantatre anni lo scorso 9 ottobre nella casa parrocchiale di Taccona, dove ha vissuto per sessantotto anni. Stretti attorno a lui i suoi fedeli, e poi Don Fulvio Rossi e Don Carlo Branca, che gli sono rimasti accanto nella lunga agonia iniziata giovedì mattina, prima al San Gerardo di Monza dove era stato trasportato dopo un malore, infine a casa dove intorno alle 22.40 di sabato sera è spirato.

Con la serenità di chi si appresta ad un incontro atteso da tutta una vita. Uomo di raffinato intelletto e di cultura profonda, Don Giuseppe era nato sui monti di Agra, nel Varesotto, nel 1917 e solamente e, ancora bambino, ebbe la vocazione. Il 3 giugno 1942, il cardinale arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster lo inviò a Taccona appena venticinquenne, per rendere seicento contadini che vivevano nella cascina Santa Giuliana, nel Palazzone e in qualche casolare sparso nella campagna, una comunità.

«Fui accolto dall’allora parroco di Muggiò, che mi accompagnò a Taccona a piedi sotto un ombrellino bianco – raccontava – Mi mostrò la casupola e poi la cappella dei Magi. Il 26 giugno iniziò l’avventura». Grazie alla fede incrollabile, alla sua tenacia e con l’aiuto di molte famiglie, nel corso dei decenni realizzò un sogno: la chiesa parrocchiale, l’oratorio, la scuola materna, il campo sportivo, e ancora le case popolari, il circolo San Giuseppe, i restauri della chiesetta dei Santi Magi e di quella di Santa Giuliana.

Ha trascorso una vita austera, tra la preghiera e la meditazione, la visita settimanale agli ammalati negli ospedali e nelle case di riposo – l’ultima proprio mercoledì scorso – la benedizione natalizia delle case, il conforto ai sofferenti, l’impegno civile. L’età avanzata, poi, aveva anche smussato qualche spigolo del suo carattere di montagna.

Centinaia i fedeli che si sono susseguiti tra sabato e lunedì per rendergli un ultimo saluto prima nella cripta della parrocchia di Taccona e poi alle esequie, nel ricordo del suo vivo esempio di fervida cristianità.

È tornato sulle sue montagne, ad Agra, dove riposerà nella tomba di famiglia accanto ai genitori e ad una fotografia del fratello disperso nella campagna di Russia. «Pregate per me»: alla comunità non chiedeva altro, obbediente a quanto sta scritto: «Così anche voi quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare».
Luca Scarpetta