Monza – Diciamo la verità, ci hanno preso per i fondelli. Martedì sera il Calcio Monza ha convocato al “Brianteo” una conferenza stampa nella quale noi giornalisti di casa – pregati di non mancare, sollecitati a presenziare a dispetto dell’orario infelice scelto per l’incontro – avevamo riposto molte aspettative. Tutto lasciava supporre che ci sarebbero state comunicazioni importanti circa il futuro della società, pensavamo che finalmente ci venissero a dire che le chiacchieratissime trattative per “imbarcare”, se non il messia, un socio disposto a sottoscrivere quote significative del pacchetto azionario erano andate a buon fine. Macché, figurarsi.
Ora, va bene la trasparenza – ancora una volta invocata a mo’ di fiore all’occhiello dal dottor Rigamonti – , ma convocarci per sentirsi dire che la situazione per quanto attiene situazione economica, organico e struttura societaria è la stessa di un mese fa, che la società è più che mai in vendita parziale o totale, che le trattative con i presunti interessati segnano il passo, che sui siti e sui giornali sono state scritte cose inesatte, beh, è francamente una presa in giro. Una conferenza stampa sul nulla, una perdita di tempo. Ecco, per non buttar via tutto, diciamo che la sola notizia di rilievo – a parte l’incredibile rivelazione che il passivo nelle ultime due stagioni è stato di 4 milioni di euro cadauna, e fanno 8 milioni! – è stata fornita in apertura dallo stesso dottor Rigamonti: nel triennio giugno-luglio-agosto 2011 si è ottenuta una riduzione delle perdite di gestione pari a circa un terzo rispetto all’omologo trimestre precedente, dati certificati da una società di consulenza “terza”.
Un bel risultato parziale. Se prima si perdeva, la metto sul bécero terreno del campo, poniamo 0-6, adesso limitiamo i danni allo 0-2, giusto un terzo. Ma pur sempre perdiamo. Un dato importante, evidenziato non a caso: questo trend “virtuoso” dovrebbe (potrebbe) favorire l’interesse di eventuali soci, è un segnale che a Monzello ora – e sottolineo ora – è tempo di conduzione economica degna d’un Quintino Sella, anche se in realtà la lesina l’impugna il più modesto Rigamonti. Inoltre è stato fissato l’obiettivo del raggiungimento della parità di bilancio nel rispetto di un piano quinquennale, il che apre orizzonti a lungo respiro che sembravano preclusi alle finanze e addirittura alla sopravvivenza di un club dichiaratamente condannato a vivere alla giornata (l’ossigeno, i quattrini, sono ormai ben sotto l’indice di riserva).
A Monzello comunque devono avere una curiosa opinione di quello che è il ruolo del giornalista, in particolare del giornalista cosiddetto “locale” , nel senso che scrive per una testata che insiste su di un territorio limitato, un organo d’informazione appunto a diffusione locale. Per cominciare, il giornalista “locale” è più o meno sempre ritenuto di serie B rispetto al collega che lavora per una testata nazionale. E fin qui, pazienza, si può anche capire e giustificare la discriminazione. Noblesse oblige. Quello che non è accettabile, invece, è che questa sorta di sudditanza induca ad esempio i vertici del Calcio Monza a ritenere che la stampa locale dovrebbe avere un ruolo di sussidiarietà, di sostegno acritico – a prescindere – nei confronti della società. L’amministratore delegato Rigamonti non ha perso l’occasione di ribadire il concetto (sbagliato) nel corso della conferenza stampa di cui sopra. Si è lamentato infatti per quella che ha definito una “incomprensibile guerra che i media locali conducono contro la società”. A sostegno della sua tesi ha tirato fuori e letto due “pezzulli” di colleghi, uno solo dei due presente in sala, lamentandosi per le critiche e bacchettando i réprobi.
Qualcuno spieghi a Rigamonti che i giornali non sono house organ aziendali e che un giornalista è altro rispetto, ad esempio, a un addetto stampa: non solo ha il diritto, ma piuttosto il dovere di critica. Dividere gli scribi di casa in buoni o cattivi, a seconda di come e se facciano lo shampoo alla società o ne liscino il pelo, è mala politica, fraintendimento etico. Rigamonti si vanta d’esser solo in prestito nel mondo del calcio. Per mentalità e attitudine è rimasto il “quadro” cresciuto in tutt’altra dimensione industriale (Pirelli). Si adegui. E un’ultima cosa: non si lanci in spericolate analisi tecniche, le lasci all’allenatore caso mai.
Non faccia autogol sostenendo, come ha fatto, che il rendimento della squadra è (“al netto della sfiga”) più o meno in linea con la scorsa stagione, la classifica punto più punto meno la stessa e che quindi si può, si deve essere ottimisti. Rigamonti ha dimenticato come finì quel campionato? C’è da toccar ferro di fronte a tanto involontario, bizzarro autolesionismo. Basta che poi ai giornalisti non abbastanza tifosi, ipse dixit, non si rimproveri anche d’aver portato iella.
Giancarlo Besana