I traumi che interessano il polso e la mano sono molto diffusi sia tra le persone comuni che negli sportivi, siano essi amatori o professionisti. Spesso si sottovaluta un piccolo dolore che può diventare con il tempo invalidante. Nell’ottica della prevenzione e del miglioramento delle performance presso la Zucchi Wellness Clinic degli Istituti Clinici Zucchi di Monza è nato il Centro della mano sportiva che conta un team di professionisti di alto livello e apparecchiature diagnostiche e riabilitative di ultima generazione per offrire al paziente gli stessi trattamenti per il polso e la mano riservate agli atleti professionisti.
«La maggior parte dei traumi si riscontra tra gli amatori. Il più delle volte una preparazione sommaria e una bassa tecnica favoriscono l’incidenza degli infortuni a mano e polso – esordisce Loris Pegoli, responsabile del Centro della mano sportiva – Inoltre, all’interno della stessa disciplina sportiva si riscontrano tipologie diverse di infortunio tra chi la pratica per passione e chi, Invece, la pratica a livello agonistico. Quello che consigliamo ai nostri pazienti è di non lasciar passare troppo tempo per evitare che una patologia da acuta diventi cronica e, di conseguenza, più difficile da curare».
«L’atleta agonista – sottolinea il medico – è il primo ad accorgersi se qualcosa non va. Il dilettante, invece, spesso tende a rimandare sperando che il problema si risolva da solo peggiorando così la situazione. Se un disturbo non passa in un lasso di tempo relativamente breve è fondamentale recarsi da uno specialista».
La medicina sportiva negli ultimi anni ha fatto passi da gigante. «Va, però, chiarito -puntualizza Pegoli – che per gli atleti professionisti non usiamo strumenti o tecniche chirurgiche magiche ma gli stessi che impieghiamo per tutti gli altri. La differenza è che l’agonista ha bisogno di riprendere la sua attività più velocemente. Lo scopo del chirurgo, in questi casi, è quello di raggiungere questo obiettivo sempre nel rispetto delle tempistiche di guarigione dei tessuti, guidandolo, con l’aiuto del terapista della mano specializzato in queste condizioni, ad un recupero più rapido del gesto atletico. Questo concetto deve essere ben chiaro soprattutto tra gli atleti più giovani che hanno fretta di ricominciare senza pensare che una patologia non risolta può portare ad esiti invalidanti con il passare del tempo. Vi sono strutture delicate, quali i legamenti, che se non accompagnate nel loro recupero possono lasciare deficit funzionali importanti».
Il chirurgo della mano può non operare a tutti i costi il paziente. Al contrario, grazie anche agli strumenti oggi in suo possesso, cerca di operare il meno possibile ricorrendo a un trattamento conservativo. Per gli atleti che vogliono tornare presto all’attività sportiva, pur avendo subito una frattura, vengono utilizzati mezzi di sintesi per stabilizzarla che consentono una mobilizzazione immediata capace di anticipare il protocollo riabilitativo e, quindi, il recupero funzionale. Un esempio è il trattamento della frattura dello scafoide, un infortunio molto frequente nei motociclisti, nei pattinatori e nei praticanti dello snowboard, che viene trattato con una apposita vite inserita attraverso una mini incisione di 3 mm al polso senza necessità di punti di sutura, che consente una mobilizzazione immediata. Vi sono poi atleti che compiendo movimenti ripetitivi soffrono di patologie da sovraccarico di gruppi muscolari che rendono difficoltosa (se non impossibile) l’attività agonistica. Ne sono un esempio le infiammazioni dei tendini della mano (quali le tenosinoviti dei flessori, comunemente dette dito a scatto) molto diffuse tra i free climbers e i velisti.
«Nei casi in cui non fosse possibile adottare un trattamento conservativo il problema si risolve praticando un’altra tecnica mini invasiva in endoscopia – precisa Pegoli – con poche gocce di anestetico locale si effettuano due mini incisioni di pochi millimetri e si interviene con una microvideocamera. Il paziente, senza bisogno di punti di sutura, tornerà immediatamente a muovere la mano operata. Tecniche sofisticate quali l’endoscopia possono essere praticate anche nei soggetti che presentano una compressione dei nervi periferici, in primis del nervo mediano al polso, la cosiddetta sindrome del canale carpale. L’intervento dura pochi minuti in anestesia locale, non prevede suture. La mobilizzazione è immediata e il recupero veloce. Importante è sottolineare che le tecniche chirurgiche perderebbero il loro significato se non venissero supportate da un adeguato protocollo riabilitativo e da ausili confezionati su misura».
Anche il polso, una struttura estremamente complessa, è spesso interessato da condizioni difficilmente diagnosticabili con gli esami strumentali convenzionali. «Solo mani esperte, un accurato esame obiettivo e metodiche quali l’artroscopia che consente di entrare in articolazione con una piccola telecamera -conclude il medico- consentono di effettuare una diagnosi certa e un trattamento meno invasivo dalla patologia infiammatoria a quella legamentosa».
«In questo periodo di ripresa dopo una lunga inattività è opportuno non bruciare le tappe – sottolinea Pegoli – e riprendere gradualmente gli allenamenti. Il fisico ha bisogno dei suoi tempi per ritornare in forma e va riabituato di volta in volta».
Ogni sportivo, comunque, anche il più rodato, deve sempre stare in guardia perché l’infortunio può essere dietro l’angolo. Le necessità funzionali del polso e della mano sono diverse nei vari sport e, addirittura, possono variare all’interno della stessa disciplina a seconda che sia coinvolto il polso destro o il polso sinistro.
«Un esempio – precisa Pegoli – è il motociclismo, in cui la mano destra e la mano sinistra hanno compiti differenti nella guida del mezzo e, quindi, l’indicazione di trattamento dovrà tenere in considerazione il lato coinvolto. Il motociclismo, inoltre, sollecita maggiormente i muscoli dell’avambraccio aumentandone sotto sforzo il volume in modo importante con conseguente perdita di forza e formicolii durante la competizione. Anche in questo caso la tecnica endoscopica consente la risoluzione del problema con una mobilizzazione immediata e un veloce ritorno all’attività».
E poi ci sono tipologie diverse di infortunio a seconda dell’abilità dell’atleta. «Prendiamo a modello le arti marziali – riprende il dottor Pegoli -negli agonisti sono più diffuse le fratture dei metacarpi mentre gli amatori, che hanno minor potenza atletica e meno padronanza nello sferrare i colpi, soffrono spesso di lesioni dei legamenti del polso».
Chi, invece, pratica sport da contatto con la palla come pallavolo, pallacanestro e pallanuoto rischia distorsioni e lesioni legamentose delle dita e del polso causati dalla palla stessa oppure fratture conseguenti a una caduta. Tra questi atleti è comune anche il cosiddetto dito a martello, ovvero, l’impossibilità ad estendere l’ultima falange del dito per via una lesione del tendine estensore. Nemmeno il golf è esente da infortuni.
«I più comuni – spiega Pegoli – sono le lesioni legamentose del polso, le patologie a carico dell’osso pisiforme e le infiammazioni tendinee da sovraccarico».
Campanello d’allarme anche per gli sciatori che possono incorrere in lesioni del legamento collaterale ulnare del pollice (detta proprio “lesione dello sciatore” dato che il bastoncino fa leva tra il pollice ed indice), in fratture del polso e dello scafoide.