Le testimonianze dall’Abruzzo a un’amica di Albiate

L’Aquila – «Non ci sono più parole e tantomeno lacrime, una situazione indescrivibile, la terra trema ancora, il Cai Abruzzo, per quel poco che può fare, è presente. Ho messo a disposizione la mia casa, ho solo tre posti letto. E’ un vero pianto». Sono queste le parole di Antonio Catani, operatore naturalistico del Cai, che abita fuori L’Aquila e ha vissuto il dramma del terremoto e sta vivendo quello della disperazione della perdita degli affetti, della storia di una città: paesi interi distrutti, bellissimi centri storici irriconoscibili, la torre Medicea di Santo Stefano di Sessanio che non c’è più. In pochi secondi quello che in una vita è stato costruito non c’è più, in secondi cui la storia di uno dei paesi più belli dell’Abruzzo è andata in frantumi. Ne ha parlato nelle ultime ore con un’amica di Albiate, insegnante alle scuole medie "Don Milani" di Seregno, attraverso un fitto scambio di e-mail.

Testimonianze dall’Abruzzo – Scrivendo all’amica albiatese, anche Lucia Nicolucci di Lanciano ha voluto ringraziare tutti gli amici «per la solidarietà che stanno esprimendo alla mia regione e agli abitanti della zona dell’Aquila, siamo tutti addoloratissimi per la perdita di un’ importantissima parte della nostra storia e della nostra cultura». In uno scambio di messaggi con altri amici, Gaetano Falcone e Filippo Crudele, Lucia ha riferito all’insegnante di Albiate quanto le è stato detto da Gaetano: «Lucia, L’Aquila che conoscevi non esiste più, è distrutta completamente». L’Università è a terra, tutte le sue strutture perdute o gravemente compromesse, il rettore Di Orio chiede aiuto per poter proseguire l’anno accademico, l’Università di Chieti ha offerto la sua disponibilità e il Crui ha organizzato una raccolta fondi per l’università (www.crui.it). «A Lanciano – aggiunge Lucia – il terremoto ci ha solo spaventati terribilmente, ma ora arrivano le notizie degli universitari morti sotto le macerie delle loro abitazioni. Tra i tanti mancherà all’appello Martina, 21 anni, amica di mia figlia, con lei anche Ilaria e forsi altri sette ragazzi che risultano ancora dispersi. Il tributo di vite è enorme. Ho già detto troppo».

"E’ un’allucinazione" – Alberto Liberati, speleologo, che vive a L’Aquila, era fuori città al momento del terremoto. A L’Aquila è tornato subito per prestare soccorso. Anche «la città è svuotata – queste le sue parole -. Non rimane nulla della sua storia. I servizi e le fabbriche, le poche rimaste, ora sono a terra. Non rimane molto di alcuni borghi del circondario, che conoscevo palmo a palmo e che adesso riconosco solo dai cartelli stradali. In questo momento non riconoscere la città, non ritrovare gli amici, non rientrare a casa, balzare al primo sussulto della terra, dormire in auto, sono cose che creano un vuoto. Ma ci sono le persone che, in questo momento, dimostrano una grande dignità e che una volta superata l’"allucinazione" cercheranno la via. La macchina dei soccorsi è grande ed eccezionale: l’abnegazione, l’impegno, la disponibilità di chi è venuto, anche da molto lontano, scaldano come i raggi del sole e infondono fiducia».

In Brianza sono molti gli operatori del Cai in costante contatto con gli amici delle altre zone dell’Abruzzo.
Federica Vernò