Monza– Il rischio credit crunch – la cosiddetta stretta creditizia – è quanto mai reale e per le piccole e medie imprese lombarde è allarme autentico.
Il concetto è stato rilanciato nel corso della tavola rotonda organizzata dalla Camera di commercio di Milano nella giornata di lunedì 19 marzo 2012 che ha avuto per tema il sondaggio di Confapi che ha rivelato una realtà quanto mai critica per la piccola e media impresa.
Nel corso dell’ultimo anno oltre il 56% delle imprese ha chiesto l’ampliamento dei propri affidamenti. I risultati hanno fatto sobbalzare Confapi: il 36% li ha ottenuti solo in parte; il 33% con difficoltà; il 12% senza difficoltà e il 19% non li ha neppure ottenuti.
«A fronte dei problemi di liquidità vissuti dalla pmi – ha detto Paolo Galassi, presidente di Confapi Milano – il 49% degli imprenditori prevede di non dare vita a investimenti nel 2012. La recessione economica comprime gli utili delle aziende e alimenta il circolo vizioso dei mancati o ritardati pagamenti che fanno venire meno la liquidità per affrontare l’ordinaria gestione. Ai clienti che non rispettano i pagamenti, spesso le grandi aziende e le pubbliche amministrazioni, si aggiungono le banche facendo così venire meno il tradizionale supporto alla crescita delle imprese».
«I dati evidenziano – ha concluso il numero uno di Confapi – lo scollamento tra tra le strategie di mercato delle banche e le esigenze finanziarie delle piccole e medie imprese e chi ha cercato di resistere, mantenendo produzione e occupazione, si è spesso scontrato con modelli di intervento e investimento degli istituti di credito più orientati al grande capitale e alle grandi compagnie, poco attenti alle problematiche imprenditoriali del territorio».
L’allarme delle piccole imprese«Rischio reale di credit crunch»
Nell'ultimo anno sei aziende su dieci hanno chiesto l'ampliamento degli affidamenti: il 36% li ha ottenuti solo in parte, il 19% neppure quello e solo il 12% ha avuto quanto richiesto senza difficoltà.