Monza – Place Blanche è più un largo che una piazza e si apre come una valvola tra la nuova Atene e i piedi della butte, la collina di Montmartre, a Parigi: a destra e a sinistra le prospettive haussmaniane di boulevard de Clichy e sopra, da un viottolo, rue Lepic che si inerpica come un colpo morbido di pennello sulla collina degli artisti. Vigile e monumentale, oggi come allora, il Moulin rouge – di un rosso che è Pigalle – e al centro una rotatoria, a visitarla nel 2010: un secolo fa era un altro cerchio, una giostra a carosello.
Era il 1911 e là, ai piedi della butte si consumavano i destini dell’arte contemporanea raccontata da Anselmo Bucci in una delle quaranta incisioni che la galleria Antologia (via Zucchi 14) propone in una retrospettiva dell’artista marchigiano di nascita, monzese d’adozione e francese per vocazione. Lavori realizzati tra il 1907 e il 1929, gli anni più parigini, che compongono ”Sinfonia in bianco e nero”, omaggio all’artista e tributo alla memoria di Marchetto e Tina, il nipote di Bucci e la moglie del nipote. Aperta fino al 3 di gennaio, la mostra ha un’architrave di rimandi che si definiscono già all’ingresso: quello delle dieci opere presentate alla XXIV esposizione internazionale di Venezia nel 1948, allestimento che ritrova identiche geometrie in via Zucchi, aggiornate al 2010 e limitate all’espressione incisoria dell’artista. E poi la scadenza temporale di una retrospettiva che proprio domani, 19 novembre, potrà ricordare i 55 anni dalla scomparsa dell’artista.
«E non si tratta solo di vedere, ma anche di ascoltare» sottolinea Matteo Mapelli Fontana, titolare con il padre Camillo della galleria che ha fondato l’archivio Bucci. Perché la ”Sinfonia” che dà il titolo alla mostra è «quella del ritmo delle opere e dei graffi apparentemente casuali delle lastre, che assomigliano ai segni su uno spartito, o dei gesti orchestrali delle figure», fino al movimento immobile dei cavalli e degli uomini che si spostano sulle strade della capitale francese d’inizio Novecento. E ancora nella cartomante scelta a icona della mostra o nei balli del 14 luglio al ponte Saint Martin, un lavoro visibile in due successive prove d’artista, prima in abbozzo figurativo e poi spento dal nero della sera nel risultato quasi definitivo.
Dagli scorci ai volti – Marcel Seheur o Chochotte, Nini Jouve e il poeta Raveaud – e poi giù fino agli abbozzi o all’ex libris che lo stampatore Eugène Delâtre (lo stampatore dei grandi) gli aveva commissionato. Un affresco organico dell’opera di Bucci incisore- di quel Bucci che davanti «a un gatto o un amico che stavano fermi tre minuti», lui non afferrava matita e carta, «ma una lastra e una punta». Per raccontare, ricorda Elena Pontiggia, autrice del testo che accompagna il catalogo, come al monzese d’adozione e francese per vocazione, interessasse prima di tutto descrivere la vita. Massimiliano Rossin