La nipote del garibaldino:scomparso il suo medagliere

Si toglie la vita 39enne seregnesegettandosi dal Ponte della Vittoria

Monza – Nel 1860 aveva indossato la camicia rossa dei garibaldini, e imbracciato il fucile per liberare l’Italia. Esattamente 150 anni dopo, mentre si discute (e si polemizza) sul come celebrare l’evento che ha segnato una svolta nella storia del nostro Paese, le istituzioni che aveva contribuito a far nascere non riescono nemmeno a ritrovarne il medagliere, donato allo Stato dalla sua famiglia. E’ una storia ai limiti dell’assurdo, quella che coinvolge la memoria di Giuseppe Migliacci, garibaldino, volontario nei Mille che sbarcarono a Marsala nel maggio del 1860. A raccontarla è la nipote, Rita Costantino-Mori, 77 anni, che vive a Monza dalla fine degli anni ’60.

«Nel 1972 mia madre Lara aveva donato all’Istituto per la Storia del Risorgimento di Roma il medagliere di mio nonno, che aveva ottenuto una ventina di decorazioni al valore, compresa la medaglia d’argento- spiega la signora-, col medagliere furono consegnate le copie originali di vari documenti, compreso il diario di mio nonno. Ma non ne abbiamo più saputo nulla». Giuseppe Migliacci era nato a Montepulciano, in provincia di Arezzo, il 22 gennaio 1835. Titolare di una piccola impresa di bachicoltura ad Arezzo, era veterano della campagna del 1859, dove si era guadagnato la medaglia d’argento al valore militare. Nel 1860 si era imbarcato coi Mille, sbarcando a Marsala, e distinguendosi in vari scontri, tanto da essere promosso tenente sul campo. Dopo l’unità era rimasto in servizio per alcuni anni, quindi era transitato nella Guardia Nazionale, sempre col grado di tenente, e mobilitato per la guerra del 1866.

«Mio nonno, che morì il 29 novembre 1919, fu anche guardia d’onore al Pantheon, anche se passò il resto della sua vita a lavorare nella sua impresa, ad Arezzo-  ricorda la signora Costantino Mori -. Di medagliere, documenti, diario, donati come atto d’amore di mia madre verso mio nonno, ci restano solo delle copie, e la ricevuta della donazione, con l’assicurazione che avrebbe avuto il giusto spazio. Abbiamo salvato solo una fotografia autografata di Garibaldi». Che fine hanno fatto i preziosi reperti donati all?Istituto romano? «Abbiamo chiesto a più riprese ai responsabili del Museo del Risorgimento, delliIstituto nazionale di numismatica o non abbiamo avuto risposta, o sono stati evasivi, e dopo 38 anni sono ancora in attesa di sapere che fine abbia fatto quella donazione- chiosa la signora-, non cerco pubblicità, non ho scopi speculativi: solamente, in famiglia (ho due figlie e 5 nipoti), abbiamo ancora vivi gli ideali patriottici di mio nonno. E vorremmo poter andare a vedere i cimeli di guerra di un grande soldato del Risorgimento». Soprattutto, conclude, nel momento in cui si celebrano con grande clamore mediatico i 150 anni dell’Unità d’Italia.
Giuliano Da Frè