I primi 30 anni degli Afterhours: «Un cerchio che si chiude e un nuovo inizio»

Gil Afterhours hanno festeggiato 30 anni di carriera al Forum di Assago con un viaggio nel tempo, un salto a ritroso per ripercorrere le tappe di una storia e ritrovare chi ha aiutato a scriverla.
Afterhours #30
Afterhours #30 Chiara Pederzoli

Un viaggio nel tempo lungo trent’anni, un salto a ritroso per ripercorrere le tappe di una storia e ritrovare chi ha aiutato a scriverla. Trent’anni in poco più di tre ore e oltre trenta canzoni. Una grande festa, un rito laico, un lungo applauso per la “one-night-only” degli Afterhours al Forum di Assago martedì sera. La band milanese aveva festeggiato il tutto esaurito già all’inizio di marzo, dopo la pubblicazione in autunno dell’antologia Foto di pura gioia (VAI). All’ora dell’appuntamento (“Siate puntualissimi”, avevano chiesto loro; il concerto è stato aperto da Sem&Stenn e i Ros) è iniziata una serata rock, nel senso più bello che questo può significare. La musica. Accelerazioni, ballate, distorsioni. Ma anche l’empatia tra artisti e pubblico in un botta e risposta senza passi falsi (non un battito di mani fuori posto o un attacco sbagliato quando la voce è stata lasciata alla platea).

Si è sentito tutto: i pezzi storici, a partire da “Dentro Marylin” che ha dato il via alle danze con l’infilata da Germi. Quelli degli ultimi album, compreso l’ostico Folfiri o Folfox. Le canzoni che non potevano mancare – e Ballata per la mia piccola iena ha chiamato sul palco il primo ritorno della serata con Giorgio Prette alla batteria – e gli esordi in inglese poco ripercorsi dal vivo.

A ritroso con tutti i volti della band: Manuel Agnelli con gli Afterhours ultima versione con Xabier Iriondo (chitarra), Roberto Dell’Era (basso), Rodrigo D’Erasmo (violino) e le ultime entries Fabio Rondanini (batteria) e Stefano Pilia (chitarra). E poi: con Prette, appunto, Dario Ciffo (violini), Andrea Viti (basso), Cesare Malfatti (chitarra) e ancora fino a fine anni ’80 con i cofondatori Lorenzo Olgiati e Paolo Mauri (basso). E il batterista in giacca e cravatta Alessandro Pelizzari, che dopo il primo 45 giri poi ha preso un’altra strada. Praticamente tutta la storia a dar fede alle parole di Agnelli in apertura: «Buonasera, noi siamo gli Afterhours. Questo per noi è un punto di arrivo, 30 anni fa non avremmo mai pensato di suonare qui. Anche perché questo posto non esisteva. Ma come tutti i cerchi che si chiudono è anche un nuovo inizio».

Un viaggio lungo più di tre ore (quasi livelli Springsteen) con fuori programma di Bianca e Non è per sempre cantate a sorpresa dal primo anello in mezzo al pubblico. Lo stesso abbraccio che alla fine – dopo La verità che ricordavo, Bye bye Bombay e Ci sono molti modi – ha unito tutti i protagonisti in un lungo e meritato applauso.

Ed ecco il modo.

.