I più giovani e la spotted mania«Insultare qualcuno è un reato»

Su internet come nella vita reale per la giustizia: insultare qualcuno su una pagina spotted è un reato. Così come utilizzare una foto per aprire un profilo finto e pubblicare in rete i dati di altre persone. Su tutto questo, e non solo, vigila la polizia postale.
I più giovani e la spotted mania«Insultare qualcuno è un reato»

Vimercate – Gli accertamenti possono essere lunghi e difficili, ma alla fine è sempre possibile risalire all’identità di chi ha immesso del materiale in rete. Lo garantisce Fabiola Treffiletti, funzionario del Compartimento polizia postale e delle comunicazioni per la Lombardia, nella sezione milanese. L’organismo della Polizia di stato è specializzato nelle indagini sulla pedofilia in rete, ma le competenze tecniche ne fanno il principale esperto in materia di reati informatici in generale, tra social network e pagine spotted.
«Anche quando l’intervento in rete è anonimo – spiega – contesti particolari, indicazioni che emergono dall’intervento stesso e catene di accertamenti portano sempre all’identità di chi naviga. Di questo sono certa che i ragazzi non sono sempre consapevoli».
La consapevolezza, l’informazione e la responsabilità sono per la Treffiletti concetti chiave per un uso lecito del web. «Se dobbiamo alzarci davanti a una platea e scontrarci con qualcuno – ha chiarito – ci ragioniamo, prendiamo coraggio e poi parliamo. Questi passaggi implicano un’assunzione di responsabilità che i ragazzi devono compiere anche se sono davanti a una tastiera dove tutto sembra più leggero e meno impegnativo».

Ma la sensibilizzazione delle nuove generazioni, così affini agli strumenti informatici, passa necessariamente attraverso gli educatori. La polizia collabora con le scuole per formare i docenti e incontra regolarmente i ragazzi spiegando i segreti dello strumento. «Prendere da facebook la foto di una persona e poi aprire con quella un nuovo profilo è un reato – spiega la poliziotta – ed è uno dei metodi usati dai pedofili per adescare le vittime on line. Insultare qualcuno su una pagina spotted è un reato, inserire in rete dati e utenze di altre persone è un altro reato».
Le bacheche on line, insomma, non hanno nulla di diverso dalla vita reale, per la giustizia. E le conseguenze possono essere cause civili o denunce penali per diffamazione, violazione della privacy, uso illecito di dati altrui. Tanto per restare sul tema delle scuole, aprire una pagina con il nome dell’istituto, nel caso la catena di commenti degenerasse, potrebbe autorizzare la scuola a chiedere i danni.

«Ognuno risponde di quello che fa – chiarisce la Treffiletti – ma prima di lanciare un sasso i ragazzi devono pensare a dove si può concludere la traiettoria. Pagine spotted sulle scuole rischiano spesso di degenerare». Informazioni sull’argomento sono sul portale dell’ufficio scolastico regionale (progetto ”Web in cattedra”) e sul sito della Polizia di stato.
Valeria Pinoia