La chiamano “università” della formula 1. Ma se a Spa, sette chilometri di tracciato supertecnico, di università della formula 1 ci sono soltanto i… muri. O meglio le curve, i rettilinei, il traguardo, le protezioni, le vie di fuga. Ma all’interno di queste aule immaginarie, i docenti non ci sono: le materie di insegnamento le scelgono i maestri di scuola elementare. E allora c’è da credere che questa università dello sport automobilistico sia diventata una scuola fasulla, dove rendono al massimo non gli studenti più bravi ma solo gli studenti che hanno i supporti migliori oppure i soldi per procurarseli.
Il GP del Belgio 2020 ha dimostrato che a formula 1 è stata trasformata in una formula noiosa, priva di vero agonismo. Una formula dove le astruserie regolamentari, con i conseguenti intrighi tecnici, hanno trasformato un circuito splendido come quello di Spa in inutile sede di un carosello di auto dove le posizioni di partenza non possono essere modificate dal valore dei piloti. Solo una safety car, entrata in pista per un incidente fra Giovinazzi e Russel (è andata bene a entrambi) mi ha fatto riaprire gli occhi assonnati della pennichella. Una differenza sostanziale con i GP dei tempi di Michael Schumacher e David Coulthard, delle polemiche per le scorrettezze, dei duelli e degli arrivi a sorpresa. Ma quella era formula 1 vera, questa è solo formula sponsor e, se vogliamo, formula “traforo”. Perché non è credibile, almeno non per me, che da un anno all’altro il super motore della Ferrari sia diventato buono per una Punto e quello Mercedes consenta tempi di quasi 4 secondi migliore.
Così posso capire la fatica di Carlo Vanzini nello illustrare ai telespettatori le fasi di una corsa senza situazioni, costretto di fingere esaltazione per il sorpasso di Norris su Stroll valevole per la settima posizione e di Ocon su Albon valovole per la quinta. Perché la superiorità Mercedes non ha neppure un contraltare come a fine secolo scorso e inizi di questo la Ferrari aveva nella McLaren e viceversa. Gomma bianca, gomma gialla, gomma rossa: un vortice di colori che lasciano il telespettatore nella confusione più grande. O segui, segnandole su un taccuino, le indicazioni dei telecronisti oppure cerchi di entrare nelle discussioni dei telecronisti perdendo il senso di quel che avviene in pista. Avendo la giusta età, mi tornano in mente le parole di un grande radio-telecronista, Niccolò Carosio. Un giorno in cui la discussione sugli attacchi del calcio erano piuttosto pepate, esclamò con ira: “Ma quali punte, mezze punte e puntine da disegno!”. Come dire: “Ma quali gomme rosse, gomme bianche, gomme gialle o gomme per cancellare!”.
Grazie Fia, grazie presidente Todt per essere finalmente riuscito a regalarci questo magnifico spettacolo: il sottoscritto, però, a metà gara ha preferito tornare a sonnecchiare sulla poltrona chiedendo all’Ivana di svegliarmi quando Hamilton avrebbe il traguardo davanti a Bottas, Verstappen e Ricciardo. Così è stato, dopo 44 giri, com’erano scattati al via: davanti a Ocon e Albon che rispetto alla griglia di partenza si sono scambiati il posto all’arrivo. E grazie per averci fatto imparare a memoria, in questi ultimi anni della sua presidenza, le note degli inni inglese e tedesco!
Non dimentico la Ferrari, la tengo per ultima: non dulcis sed amara Rubra. Vettel tredicesimo, Leclerc quindicesimo. Difficile commentare una prestazione annunciata. Posso solo fare una domanda: ma la SF1000 da quale straordinaria idea è uscita?
Domenica c’è Monza. Meno male che non ci sarà pubblico: con i soldi di un ingresso in tribuna una famiglia di quattro persone mangia una decina di giorni. Vuoi mettere?