Monza – Niente processo monzese per Raoul Bova, denunciato nel 2009 da un artigiano brianzolo di 30 anni, A.N., che si è ritrovato «attore» involontario nel film ‘Sbirri’, diretto e interpretato dallo stesso attore romano. Il tribunale, infatti, ha accolto la richiesta del pubblico ministero Franca Macchia, archiviano definitivamente l’accusa di «interferenza illecita nella vita privata» contestata dall’uomo, che ha avuto sì il proverbiale quarto d’ora di notorietà, me ne avrebbe fatto volentieri a meno.
La querela riguardava alcune immagini del film, che lo ritraggono in casa sua, di notte, con mamma e papà presenti, davanti ai poliziotti che gli chiedono il nome. Fotogrammi tratti da una vera perquisizione che gli agenti della Squadra Mobile di Milano avevano eseguito nella sua abitazione nel 2008. Sequenze poi inserite nella pellicola, che non erano sfuggite ad amici e parenti del giovane, e dei suoi genitori. Questi si erano rivolti ad un legale, per querelare tra gli altri proprio Bova e la moglie Chiara Giordano, in qualità rappresentanti della casa di produzione che ha realizzato l’opera.
L’accusa riguardava la parte finale del film, nel quale l’attore romano interpreta un giornalista che, a seguito della morte del figlio per overdose, intraprende un’inchiesta sullo spaccio di droga a Milano. La pellicola, che ha visto lo stesso Bova travestito tra gli agenti, mescola momenti di fiction, ad altri di vere operazioni di polizia, riprese con telecamera nascosta. Uno di questi blitz risale al 23 giugno 2008, quando gli uomini della mobile trovano in casa del brianzolo qualche grammo di cocaina e un bilancino di precisione.
Nelle sequenze incriminate, l’uomo riferiva a microfono acceso il suo nome di battesimo e la sua professione, con il volto oscurato, ma non con la voce modificata, come avviene invece per i genitori. Difficile, per amici e parenti, non riconoscere la sua corporatura robusta. Ad avvertire il brianzolo, all’epoca dell’uscita della pellicola nelle sale cinematografiche, era stato un suo amico, che subito dopo aver visto il film al cinema, gli aveva telefonato per dirgli che aveva visto lui e i genitori perquisiti dalla polizia.
La denuncia era stata indirizzata anche agli uffici legali della società di produzione Rti, e a Medusa Film spa, che ha distribuito il film nei cinema. Nonostante l’opposizione presentata dal legale del trentenne, tuttavia, il gip ha ritenuto ugualmente di archiviare l’accusa, così come chiesto dal pubblico ministero.
Federico Berni