Giussano – Non è servita la perizia tecnica sulla vettura di don Silvano Caccia a cura della Scientifica di Milano a dipanare i dubbi sulla tragica morte del sacerdote. Dopo l’autopsia eseguita martedì all’ospedale San Gerardo di Monza (che non ha evidenziato alcun segno di violenza evidente, ma c’è da tener conto del fatto che il cadavere era in pessime condizioni) si sperava che qualcosa in più sulle cause dell’incendio avrebbe potuto giungere dalla verifica tecnica sulla Fiat Punto disposta dal pubblico ministero di Monza Alessandro Gentile, effettuata venerdì pomeriggio scorso. Ma anche l’abitacolo della macchina è apparso tanto carbonizzato da non emergere dati rilevanti né anomalie significative.
Per Curia e famiglia è stato un incidente – Si torna, dunque, al punto di partenza di un caso che appare ancora lontano da una soluzione ma per il quale, al momento, Curia e famiglia escludono ipotesi diverse da quella dell’incidente. Pare, stando alle dichiarazioni del legale nominato dalla famiglia del parroco di Giussano, Mario Zanchetti, ordinario di Diritto penale all’Università di Castellanza e tra i legali della Curia, che «l’automobile abbia preso fuoco dall’interno, elemendo che riduce di molto la possibilità di un’aggressione – queste le sue parole –. Le serrature, eccezion fatta per quella del lato guidatore, su cui non ci può dire nulla dal momento che è stata sfondata dai soccorritori, erano abbassate con la chiusura centralizzata. Don Silvano non aveva le cinture. Questo particolari avvalorano l’ipotesi che si fosse fermato a riposare. Non ci sono segni o tracce che facciano, al momento, pensare a un cortocircuito. E’ veramente tutto bruciato». Resta tutta da spiegare l’origine dell’incendio, ovvero la causa dell’innesco. Per arrivare, forse, a qualche risposta sarà necessario attendere gli esiti degli esami tossicologici sui campioni di tessuto prelevati in sede autoptica.
Federica Vernò