Disastro Lambro, strage di uccelliLa Lipu: «Ma non è stato petrolio»

Disastro Lambro, strage di uccelliLa Lipu: «Ma non è stato petrolio»

Villasanta-Monza – Si potrebbe anche lasciar perdere per un attimo – e solo per un attimo – la quantità di materiale scaraventato nel Lambro. Ma di preciso, di cosa si trattava? Perché un dato è certo: gli uccelli sono morti – a decine, centinaia, chissà quanti. E le loro autopsie dicono che non sono morti per gli idrocarburi. È un dubbio inquietante quello della Lipu, la Lega italiana protezione uccelli, di casa a Cesano Maderno.

L’intervento – I suoi volontari sono entrati in azione il 23 febbraio, a poche ore dal disastro della Lombarda petroli, e hanno continuato a cercare di recuperare animali nei giorni successivi. Non se n’è salvato uno. E non è normale. Non è normale perché gli esperti della Lega hanno alle spalle l’intervento in alcuni dei peggiori disastri degli ultimi anni e, con il Centro recupero uccelli marini e acquatici di Livorno, sono arrivati fino in Galizia, quando nel novembre 2002 la Prestige è andata a fondo con le sue 63mila tonnellate di idrocarburi. «Quasi il cento per cento di uccelli salvati, in Spagna», commenta amaro Massimo Soldarini, responsabile nazionale dei volontari Lipu. Quella volta, come in altre occasioni, sono stati applicati i protocolli internazionali – rodati, efficaci, riconosciuti. I risultati sono arrivati. «I protocolli non sono niente di strano – aggiunge Soldarini – si tratta di lavare gli uccelli, trattarli con pastiglie di carboni attivi che assorbono nello stomaco gli idrocarburi, poi vengono stabilizzati evitando che vadano in ipotermia. Allora, solo allora, vengono alimentati e idratati». Quando gli uccelli del Lambro sono arrivati ai centri della Lipu, sono stati trattati allo stesso modo. Due germani e sette cormorani. Non sono sopravvissuti. Né loro né gli altri.

I dubbi – «Non sappiamo ancora quali siano le motivazioni, alcuni esemplari ora sono all’Istituto di zooprofilassi per ulteriori esami, che speriamo ci spieghino quali siano state le cause di morte. Ma nello stomaco non c’erano idrocarburi. Che essendo indigeribili, non possono svanire». Ma non basta: le autopsie hanno rivelato emorragie, fegato distrutti e anche danni neurologici. Appunto: non sono morti per idrocarburi. E allora per cosa? «Abbiamo chiamato Regione e Arpa in continuazione: volevamo sapere di cosa si trattasse, per intervenire adeguatamente e salvare gli animali. Ma non ci sono state date risposte». Per ora gli interrogativi sono finiti in un dossier, “Lambr-ugie”, che mette in fila cortocircuiti, affermazioni, smentite dei giorni dell’allarme: l’intenzione è di costituirsi parte civile nel processo. E, appena i dati saranno concreti, di presentarli in procura. Con una certezza: «Non si può chiudere un’emergenza simile in sei giorni, com’è stato fatto: è stata la più grande catastrofe ambientale in acque interne della storia d’Italia».
Massimiliano Rossin