Monza – Sono aNobiiani e a dire il vero, a guardarli bene, un po’ extraterrestri lo sono. Leggono, loro. Leggono libri. E ne parlano. Qualcosa di alieno dovranno pur averlo. Gli aNobiiani si chiamano così perché frequentano un social network, qualcosa di simile a facebook, ma abitato dai bibliofili: hanno un profilo, un nickname, ma negli scaffali virtuali raccolgono i libri che hanno letto, che stanno leggendo, che leggeranno, magari quelli che hanno abbandonato. Vita da lettori, insomma, ma condivisa. E a forza di condividere hanno deciso di passare dalla Rete alla rete e hanno creato un gruppo: Monza e Brianza, direttamente dal pianeta aNobii. Che una volta al mese, il 22, al più con un lieve slittamento di convenienza, si dà appuntamento in qualche posto, a qualche ora, con qualche tema.
Quel canovaccio ciascuno lo declina con un libro e ne legge un passo agli altri – breve però, non è che siamo a scuola. Poi si chiacchiera, di letteratura e non solo, si gioca, si scherza, si sorride. Scoprendo, al tempo stesso, quello che spesso non si sapeva: le traiettorie tangenziali che tutti i lettori conoscono, anzi, i rimbalzi sulle sponde dei gusti altrui. Dove ogni scoperta è un nuova orbita letteraria da attraversare. A geometria variabile lo è anche il gruppo quando si incontra – fino a trenta persone per volta, talora una manciata, spesso qualche faccia nuova – come sabato scorso, quando l’appuntamento è stato fissato alla biblioteca San Gerardo di Monza e di lettori, aNobiiani e non, se ne sono presentati dodici. Tema: in biblioteca? E allora tutti con il libro che non presteresti mai.
Primo estratto, Fragmenta (che poi i nomi veri si conoscono, ma tanto vale tenersi il nom de plume anche di persona, altrimenti che gioco è). Lui pesca dalla tasca Henry Miller di Tropico del cancro e legge l’incipit – c’è una bambina, nel gruppo, accompagna la mamma, niente scherzi. Era un libro della nonna, una questione di intimità, perché mai prestarlo. Little bee ha un libro di un’amica poetessa (Natàlia Castaldi), prestarlo potrebbe voler dire non rivederlo mai più, non lascia le sue mani. EmmaVittoria si è fatta autografare Le ore da Michael Cunningham, no, non lo darà ad anima viva. AliceFelice ha un testo di bioenergetica perché è stato il suo primo autore conosciuto di persona e due romanzi d’amore con l’autografo: quando sono firmati è un po’ come se li avessero scritti per te. Poi c’è chi legge il libro che lo ha riportato alla lettura dopo tanto tempo, chi ha il volume di un amico – ed è fuori catalogo – e c’è chi ha il romanzo che aveva con sé la prima volta che è stato in vacanza da solo. Nemmeno un granché, racconta, ma è una custodia per ricordi.
Negli anni, perché di anni si tratta, sono stati un po’ ovunque: a Monza, a Brugherio, ad Arcore, a Briosco, al ristorante e al bar, in una lavanderia a gettone, al centro estetico, in un parco. Poche regole: chi scrive non porta e non legge le sue cose – che sì, Fragmenta lo ha fatto, perché un romanzo lo ha pubblicato, ma è stata un’eccezione, d’accordo. E poi non sono lì per quello, una volta al mese. Si incontrano per dare ragione a Borges, quello che non era orgoglioso di quanto aveva scritto, ma «delle pagine che ho letto», ha detto un giorno. Ognuno con le proprie ragioni. Anche per non prestare i libri. Quelle di Colloide, per esempio, che si è portata Fred Vargas. «Abito qui da un mese – dice – ed è l’unico che ho».
Massimiliano Rossin