Chamed, l’inferno andata e ritornoEcco il romanzo di Leone editore

Un caso editoriale. In pochi mesi, cinquemila copie; fino alla quinta ristampa. “Mi si è fermato il cuore” è il libro che Leone editore ha pubblicato a maggio. Per raccontare un viaggio di andata e ritorno dagli ospedali psichiatrici.
Chamed, l’inferno andata e ritornoEcco il romanzo di Leone editore

Monza – Si tratta di un caso editoriale: già nelle prime settimane dopo l’uscita, moltissime copie vendute. In pochi mesi, si arriva a cinquemila; e alla quinta ristampa. “Mi si è fermato il cuore” è il libro che Leone editore (casa editrice monzese) ha pubblicato nel maggio 2012. Nelle 176 pagine del volume, a raccontarsi è Chamed: non una scrittrice professionista, non una giornalista, nè un’inventrice di storie. Piuttosto una testimone, potremmo dire. Testimone della sua stessa vita; vittima di atrocità, violenze, odi. Ma, nonostante tutto, esempio vivo dell’energia positiva dell’essere umano e della capacità di tornare a essere protagonisti della propria esistenza.
E allora prima che di un caso editoriale, si tratta della storia di una donna: brutale e soffocante. In tenera età, a Chamed diagnosticano la poliomelite, ma sostenuta dall’affetto dei genitori e dalla sua forza, riesce a guarire, a camminare e a innamorarsi. A quattordici anni, però, perde madre e padre in un incidente d’auto e viene affidata alla zia. La donna, che la odia e la maltratta, riesce a farla internare in seguito a un tentato suicidio. Allora i manicomi italiani erano un vero inferno: molestie, violenze, abusi, “trattamenti” con elettroshock che la mandano più di una volta in coma. Nonostante tutto ciò, Chamed trova il coraggio di denunciare i suoi aguzzini, grazie anche all’aiuto di un medico illuminato e di sua moglie, che diventeranno poi i suoi genitori adottivi. Nell’abisso del male, lo spiraglio della speranza. Si tratta di un grido, di una denuncia. Perché non si chiudano gli occhi e qualcosa venga veramente rivoluzionato. Abbiamo intervistato l’autrice del libro, Chamed.

Qual è stata l’esigenza all’origine della stesura di “Mi si è fermato il cuore”?
L’essermi accorta che non ero la sola donna ad aver avuto certi tipi di esperienze. Che certe vessazioni, aggressioni, violenze non erano solo fatti che accadevano in certi pseudo ospedali e che continuano ad accadere, ma che talune realtà da me vissute purtroppo sono ancora presenti anche nelle proprie residenze, nell’ambito del proprio focolare domestico, in forme più o meno gravi. Avere il coraggio di uscire a denunciare pubblicamente quella che è stata la mia condizione di donna segregata, rinchiusa e violentata. Scrivere “mi si è fermato il cuore” nasce nella speranza che possa servire da stimolo alle donne per trovare il coraggio di ribellarsi al fine di opporsi a tali condizioni di vita che oggi non sono più sicuramente accettabili, in una civiltà che si reputa moderna e democratica.
Scavare in vecchie ferite le ha fatte sanguinare ancora?
Sì molto. È difficile dimenticare le persone che ho amato, con cui ho vissuto molti momenti belli e bui, dove la mia vita è sprofondata nel profondo, più fondo che esista…rivivere l’esistenza di Giulio mi ha fatto sanguinare ancora il cuore. Ma se si parla del proprio equilibrio psicologico, debbo ammettere che alcune volte ho avuto dei dubbi se continuare a scrivere il libro. Perché la domanda che continuava ad assillarmi era sempre la stessa e cioè se sarei riuscita con il mio libro-denuncia a far sì che storie come la mia non accadessero più e a convincere chi ha la possibilità a intervenire per porre la parola “fine” a istituzioni che riescono a dare vita, ancora oggi, a storie come la mia.
Ripercorrere la sua storia di sofferenze e condensarla in parole scritte: cosa ha significato?
Una grande fatica. Perché a differenza di allora, che avevo trovato una famiglia che mi ha aiutato nel percorso di ripresa, per scrivere mi si è fermato il cuore: per rivivere tutte le vicende trascorse mi sono dovuta chiudere con i miei ricordi, anche con i più travagliati e soprattutto per questi, essendo sola in quei momenti. Tante volte mi sono ritrovata con gocce di sudore, che scendevano lungo la mia pelle accompagnando un tremito del mio corpo. Cose che pensavo di essere riuscita a dimenticare come emozioni.
Aprire la sua più intima storia al pubblico ha comportato paure? Sostegno? Conforto?
Paura all’inizio, perché mi stavo proponendo di percorrere una strada che non conoscevo e non sapevo dove mi avrebbe portata. Il giudizio delle persone per me è molto importante poiché dalle persone stesse potevo e posso comprendere se il mio sforzo di denunciare è stato compreso. Mi sento spiazzata solo quando mi accorgo che alcune domande sono più per una strana forma di curiosità che per comprendere l’essenza del libro e il perché l’ho scritto. Il conforto mi arriva soprattutto da persone che hanno avuto esperienze che si avvicinano alla mia, anche se in ambienti diversi, e da parecchi medici.
Come è riuscita a rialzarsi sempre, nonostante tutto?
L’aiuto più grande è stato la voglia di vivere e il mio orgoglio di donna, la volontà e il pensiero di voler aiutare a comprendere cosa significano certe realtà che ancora esistono. E un fratello che non mi ha mai abbandonata quando le mie crisi diventavano più grandi e per me, da sola, difficilmente superabili.
Che sentimenti prova per quanto le è successo?
Ancora oggi un sentimento di paura, di rabbia per la mia impotenza e impossibilità di difendermi allora; ma anche di fiducia nei confronti delle persone che, avendo imparato a conoscermi, mi aiutano anche con il loro silenzio quando comprendono certi miei stati d’animo, e non insistono a volermi parlare.
C’è stato un momento, un periodo o un episodio che valuta come la svolta della sua vita?
La svolta della mia vita risale al mio trasferimento in Brasile, dove fui accompagnata da mia madre Luisa (madre adottiva). Un territorio dove ho imparato a conoscere miseria, povertà, soprattutto i soprusi del più forte verso il più debole particolarmente se i perseguitati erano bambini. In quel paese ho iniziato il mio viaggio di aiuto facendo attività di volontariato, ho imparato ad ascoltare le parole di chi ne aveva bisogno; principalmente ho imparato a capire anche quando non veniva detto nulla, il più delle volte per vera paura.
È recentissima la pubblicazione del video sull’agonia di Franco Mastrogiovanni. Cosa pensa dell’attuale situazione degli ospedali psichiatrici? Cosa pensa della legge Basaglia?
La legge di per sé sarebbe giusta se solo venisse attuata e non si fermasse, come sovente capita in Italia, alla sua sola stesura. In fondo i manicomi psichiatrici sono stati chiusi solo cambiando a quelle strutture il nome, ma continuando a farli vivere e a permettere a certi personaggi di continuare a fare i loro comodi passando sopra a qualunque forma di dignità umana. Per quanto riguarda l’attuale situazione degli ospedali psichiatrici, il mio pensiero è di terrore e paura al punto di essere sconsolata, ma non demordo dal mio intento. Il termine più appropriato, se mi è concessa un’espressione poco poetica, è che fanno schifo.
Cosa pensa del successo di “Mi si è fermato il cuore”?
Non so se si può già parlare di successo del mio libro, sono contenta dello sviluppo che la pubblicazione ha preso, questo sicuramente; ma di successo parliamone se alla fine sarò riuscita a far smuovere qualche cosa e soprattutto qualcuno che abbia il potere, tanto da far si che venga una volta per tutte modificata la modalità di comportamento, fuori e dentro gli ospedali, verso quelle persone che per problemi psichici sono le più deboli. Allora potrò dire che il mio libro ha avuto quel successo che speravo.
Crede che l’esperienza letteraria possa avere un seguito?
Penso proprio di sì. Infatti per me manca sicuramente ancora un paragrafo della mia vita, che permetterà di meglio comprendere il significato di quanto abbia influito su di me e nel mio essere donna l’esperienza vissuta e raccontata in “Mi si è fermato il cuore”.
Cosa desidera per il suo futuro?
La migliore risposta sta ancora una volta in tre citazioni di Gandhi che ho fatto mie: “La felicità e la pace del cuore nascono dalla coscienza di fare ciò che riteniamo giusto e doveroso, non dal fare ciò che gli altri dicono e fanno.” “Non volendo pensare a quello che mi porterà il domani, mi sento libero come un uccello.” Quindi nel mio futuro camminerò su questa mia strada ma attenta a non fare più di un passo alla volta (“Un passo alla volta mi basta”).
Federica Signorini