Caponago, è crisi alla PolifibraA rischio un lavoratore su due

Caponago – È come il domino. Crollano i fatturati e le imprese, una dopo l’altra, mettono in mobilità. Sta succedendo anche alla Polifibra di Caponago, dopo tre mesi di cassaintegrazione c’è il rischio che 40 degli 86 lavoratori dello stabilimento rimangano a casa in mobilità. Tutto è venuto alla luce con uno striscione messo fuori dagli operai nella giornata di lunedì, ma subito ritirato. Si leggeva a chiare lettere: «No ai licenziamenti».

«Purtroppo è una situazione che ci ha colto di sorpresa – ha commentato Walter Palvarini della Cgil – stiamo ancora trattando perché abbiamo avuto qualche contatto preliminare con l’azienda che ci ha comunicato le sue difficoltà. Il punto è che è calato drasticamente il fatturato». La situazione è difficile, sembrerebbe addirittura che gli ordinativi della ditta, che produce materiali plastici, si siano ridotti del 50 percento. Incassi dimezzati e meno soldi per tutti. La notizia, a quanto trapela dagli stabilimenti, è stata data lo stesso lunedì ai rappresentanti sindacali del Rsu. In quella sede è stato dato il primo annuncio: dopo i tre mesi di “cassa”, si profilerebbe la mobilità per un operaio su due. Un dure colpo, forse atteso, che ha generato la reazione di qualche dipendente il quale ha affisso lo striscione di protesta.

«Per ora non c’è nulla di ufficiale – spiega Palvarini – ma l’azienda è in seria difficoltà. La volontà della di salvare il salvabile c’è, ma la verità è che ci vorrebbero soldi veri, quelli chiesti dalla Marcegaglia». Dello stesso avviso sono anche alcuni dipendenti che non esitano a difendere l’operato dell’impresa pur sapendo di essere sulla graticola: «Anche io rischio il posto di lavoro come tutti gli altri – dice un dipendente della Polifibra – ma mi piacerebbe che la camera di commercio di Monza e Brianza oltre che farci pagare la tassa associativa ci aiutasse. E il governo centrale dov’è? Aiuta solo la Fiat? Lo posso testimoniare, perché lo so: questa azienda si sta dissanguando per salvare i posti di lavoro, ma gli ordinativi non ci sono, non si possono fare i salti mortali».

Ma questa è la crisi vera? «La crisi è arrivata anche nel vimercatese – prosegue il dipendente – ma se ce l’avessero detto prima, ci saremmo organizzati, avremmo iniziato a giocare al lotto». L’azienda nel merito della questione non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Nel territorio di Caponago vanno ricordati gli altri posti di lavoro a rischio: quelli della Otis, la multinazionale che produce elevatori.
Lorenzo Merignati