Pubblichiamo il brano principale della storia d’amore tra Alma Riva e Michele Tintori presente ne Il cavallo rosso. Il racconto integrale, più ampio, si trova nella parte II del III volume ed occupa i capitoli XVII-XX.
C’era a metà del corridoio una corta diramazione verso la biblioteca: qui si trovava un albo con gli orari di giurisprudenza; istintivamente Michele si chiese se dovesse dare un’occhiata a quegli orari. Ma no, a cosa sarebbe servito? Arrivato alla diramazione guardò tuttavia in direzione dell’albo. E in piedi davanti ad esso vide, davvero inaspettatamente, Alma. […]
Il cuore di Michele cominciò a battere furiosamente. “Che mi succede adesso? Cos’è quest’emozione?” Trangugiò un po’ di saliva; dunque Alma era venuta qui, nel settore di legge, il suo settore… Per che fare, se non per… avvicinarsi a lui, al suo mondo? Sì, certo. Che altro ci sarebbe venuta a fare? “E io, da quel disgraziato che sono, stavo dubitando di lei!” «Alma» la chiamò a mezza voce, rendendosi conto di avere difficoltà a parlare. La ragazza si girò di scatto, lo vide, s’illuminò in volto, quindi arrossì fino all’attaccatura dei capelli. «Michele, oh, finalmente!» non seppe trattenersi dal dire. Il giovane le si avvicinò: «Cosa ci fai qui, nella zona di legge, eh?» cercò di scherzare con la strana voce che si ritrovava. Il viso di lei si fece ancora più rosso; da principio sembrò non volesse rispondere, poi disse: «Non lo può immaginare uno scrittore come te?» «Sì, lo può» rispose lui. […]
«Senti, anch’io ti stavo cercando, è la verità, e con…» stava per dire: con grande ansia, ma non lo disse. «Vengo dalla zona di lettere, dall’aula Salvadori, dove tu hai appena finito di seguire la lezione d’Apollonio. Dico giusto?» «Sì» rispose lei, non mostrando fuori, al solito, che in minima parte la gioia che già avvertiva in cuore. «Ma come lo sai? Chi te l’ha detto che ero a lezione?» «Le tue compagnette me l’hanno detto, le altre matricoline.» «Ah.» «Siccome però di là tu ormai eri venuta via, sono stato a cercarti agli spogliatoi.» «Come? Agli spogliatoi delle ragazze? Non sai che ai ragazzi è proibito entrarci?» «Certo che lo so» sorrise Michele. «Per cui mi sono affacciato tenendo gli occhi chiusi, e solo per il tempo necessario; ma neanche là tu c’eri. Allora non sapevo più dove dar di testa. Han cominciato a venirmi certi pensieri che… Pensieri da fesso, appunto.»
«Ma cosa dici?» mormorò Alma; quei pensieri però glieli leggeva ancora in viso. «Beh, adesso basta. Adesso cerchiamo di stare un poco insieme» disse il giovane, circondandole con un braccio le spalle. S’incamminarono per il corridoio; lei alzò la testa a guardarlo negli occhi, riconoscente come un’agnellina. «Se ci vedesse il rettore» mormorò. Il contatto della mano e del braccio di lui le davano uno strano, indicibile senso d’appagamento. “Perché lo fai così di raro, perché?” pensò la ragazza. Anche Michele a causa di quel contatto era emozionato. «Che pensieri ti erano venuti?» chiese a un tratto lei: «Non vuoi confidarti?» «Non ci farei una figura famosa, ecco il punto.» «Ti prego, Michele.» «Te l’ho già detto, dei pensieri scemi.» Ma poiché lei era sempre in attesa: «Beh, ti confesso: mi è… insomma ho avuto un attacco di gelosia.»
Alma si fermò, lo guardò negli occhi: «Di gelosia?» Provò un nuovo straordinario impulso di gioia. «Se tu sei geloso, geloso di me, vuol dire che… che io per te…» «Sì, tu per me. Proprio così» disse Michele. […] «Ma non capisci che la gelosia nei miei riguardi non ha senso?» esclamò Alma. «Non lo dico per rimproverarti, intendiamoci, non confondere. Semplicemente devi renderti conto che è un non senso, una cosa priva di fondamento. Quando io prometterò fedeltà a qualcuno, gli sarò fedele per tutta la vita, per ogni istante della mia vita, e con gioia anche. Potrebbero farmi a pezzi, e con questo? Io non ci penserò nemmeno a mancare di fedeltà.» «Quando prometterai fedeltà a qualcuno?» disse Michele, piuttosto stupidamente: «Come sarebbe a dire ‘a qualcuno’?» “Oh, perché non ti dichiari, perché non impegni la mia fedeltà?” gli chiese mentalmente Alma, guardandolo fisso. Poi però si vergognò: “Non posso chiedere a un uomo come lui, a un artista, di comportarsi come un… chissà, come un borghese. Che mi vuol bene me lo sta facendo capire anche in questo momento, dunque…” […]
«Forse non so esprimermi bene…» proseguì Alma: «Insomma voglio dire che io, all’uomo che amerò sono fedele da sempre. E’ da quando ero bambina che mi riservo per lui anche nei pensieri, che…» «E dalli… cosa significa ‘l’uomo che amerò’?» fece Michele tornando quasi a rannuvolarsi. «Ricominci a parlare in astratto? Perché dici ‘l’uomo che amerò’?» Alma alzò di nuovo la testa verso di lui, lo guardò negli occhi: «L’uomo che io amo» disse a bassa voce. E improvvisamente arrestandosi: «Di cui sono innamorata da… morire.» Nascose il volto nell’incavo della spalla di lui, contro il suo petto. «Sapessi anch’io quanto sono innamorato di te» mormorò allora Michele, e non riuscendo più a dominarsi poggiò le labbra contro i capelli di lei. Per un po’ non dissero altro; Michele le pose una mano sotto il mento e alzò il viso di lei verso il proprio, la guardò nei begli occhi castani, onesti, ancora quasi infantili: «Alma!» Ricominciarono a passeggiare.
Per fortuna, essendo ormai riprese le lezioni, il corridoio si manteneva deserto; Michele cingeva sempre col braccio le spalle della ragazza: «Avrei voluto dirtelo fin dal primo momento quanto ti amo, la sera stessa del mio arrivo: gridartelo quando sei apparsa là, nella tua vestaglia celestina, in cima alle scale. Tu non hai idea, non hai la più lontana idea di quante volte io ho pensato a te in prigionia. Non sai di che immenso, indicibile aiuto mi sei stata.» «Io?» «Sì, tu. Il tuo bel viso, la tua figurina gentile, Alma. Quante volte mi sei venuta in mente! Te lo volevo dire appena tornato, raccontarti ogni cosa la prima sera» ripeté. Annuì, terribilmente commosso. «Invece ero tenuto a dominarmi, capisci? E tanto più in seguito, quando ho visto che tu mi corrispondevi.» S’esaltò: «Per forza però tu dovevi corrispondermi: è Dio stesso che ha disposto così.» S’interruppe: «Signore, che tu sia benedetto!» esclamò con voce più forte. «Diciamolo insieme Alma: che tu sia benedetto in eterno.» «Sì, sì. E’ stato veramente il Signore. Oh, Michele!» mormorò la ragazza.
«Il ringraziamento a Dio ci voleva» esclamò lui. «Anzi io dovrei ringraziarlo lì in ginocchio, e non basterebbe. Non basterà mai. Ma quello che volevo dirti…» ansimò un poco: «Vedendo che tu mi corrispondevi io pensavo: ‘Se le parlo, se le dico tutto, e quante volte ho pensato a lei in prigionia, e con che amore, e con che gioia, e le apro i miei sentimenti, insomma se faccio tutto questo, poi vivere separati diventerebbe molto più penoso, molto più difficile’.» Michele annuì. «E sarà così da oggi, ho paura. Ancora per anni noi non possiamo sposarci e… Però come potevamo tacere ancora, e non dirci il nostro amore? Non si poteva più, ecco, era materialmente impossibile.» «Che cosa meravigliosa» mormorò Alma. «E’ una cosa talmente bella! Tu mi vuoi bene, tu mi dici questo: che mi vuoi bene. Tu!» Il giovane la fissò nuovamente in viso: «Sei un capolavoro di Dio» mormorò.