La Russia ha, nei secoli, regalato al mondo diversi tesori nel campo della letteratura, delle arti figurative, della musica. Tesori che hanno contribuito a plasmare la civiltà europea così come la conosciamo. Dio solo sa quanto, in un momento così drammatico, proprio la cultura possa esserci di aiuto, per spingerci al dialogo e alla comprensione, strade maestre verso la pace tra i popoli. Ecco perché non fanno affatto sorridere vicende grottesche come quella di Paolo Nori, lo studioso che doveva presentare un corso su Dostoevskij all’Università Bicocca, prima rinviato dopo l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo e poi soppresso per volontà dello stesso docente, deluso dal comportamento dell’ateneo, o di Alexander Ozerski, pittore nativo di Ekaterinburg che, a Parma, si è visto cancellare una mostra di punto in bianco quasi certamente per via della sua nazionalità. L’assenza di indignazione, di fronte a fatti simili, ricorda da vicino la pacifica acquiescenza verso tristemente noti roghi di libri “proibiti” del passato. Negare questa realtà drammatica significa tacere di fronte all’innegabile trionfo della stupidità in una società, la nostra, sempre più dominata da una retorica manichea e di postura fondamentalista che va respinta con forza: la condanna della guerra e quella di un intero popolo non sono la stessa cosa. E non vanno mai confuse.
A Ruota libera, l’editoriale del direttore: guerra e dintorni, un tragico errore da non fare. Mai
La cultura “soppressa”, Dio solo sa quanto, in un momento così drammatico, possa esserci di aiuto, per spingerci al dialogo e alla comprensione. La condanna della guerra e quella di un intero popolo non sono la stessa cosa. E non vanno mai confuse.