Non più tardi di un mese fa sembrava cosa fatta. La nuova riforma delle province, che avrebbe dovuto condurre per mano gli enti più infangati dall’antipolitica a una situazione di dignità operativa, si è arenata (a quanto pare) sullo scoglio delle risorse. Il miliardo di euro che lo Stato avrebbe dovuto trasferire per consentire, tra le altre cose, il ripristino delle competenze oggi in capo alle regioni non si trova.
L’incombente manovra finanziaria del Governo Meloni, del resto, si annuncia come tutt’altro che prodiga e nessuno ne fa mistero. A “farne le spese” sarà anche la Brianza, che dovrà così rinnovare presidente e Consiglio provinciale una volta di più con il metodo del voto ponderale, esercitato dai consiglieri comunali del territorio. Molti dei quali, peraltro, dovranno probabilmente lasciare il proprio posto a giugno 2024, in occasione della prossima tornata amministrativa. Non il massimo, dunque, in termini di rappresentatività, anche se questo è veramente l’ultimo dei problemi. Perché la revisione dell’attuale assetto, almeno per il territorio brianteo, sarebbe fondamentale per ridare una voce e un peso politico consoni a una comunità eccellente sotto diversi aspetti (quello economico e sociale sopra tutti) e che, però, continua a perdere rilevanza sui tavoli che contano. Quanto bisognerà pazientare ancora?