Mancano poco più di due settimane al voto per le elezioni amministrative. Eppure, girovagando per la Brianza, sarebbe difficile accorgersene, se non fosse per qualche manifesto affisso sui tabelloni: pochi gli eventi, scarsa la partecipazione. La sensazione è che le basse percentuali di votanti già viste in autunno possano riproporsi.
L’editoriale del direttore: perché questa crisi di fiducia?
E l’analisi di fondo non cambia da quella fatta, da chi qui scrive, pochi mesi or sono: siamo di fronte a una crisi di fiducia senza precedenti nella storia repubblicana. Perché? Per rispondere basterebbe incrociare lo storico dei dati di affluenza con quello della povertà assoluta. Che, dal 2006, è in costante ascesa. Allora erano 1,6 milioni i poveri in Italia, oggi (dato Istat) sono 5,6. Un esercito di immiseriti in un Paese in cui neppure il lavoro è più fonte sicura di emancipazione, visto che ben il 12% dei lavoratori fa parte della categoria dei cosiddetti “working poors”, con un reddito annuale inferiore a 11mila e 500 euro.
L’editoriale del direttore: se non possiamo più sperare, accontentiamoci di disperare bene
Normale, in queste condizioni, che chi (i candidati) se ne va in giro a proporre progetti per un futuro migliore appaia poco credibile. Quando invece, proprio per questo, meriterebbe ascolto. Perché chi ha ancora il coraggio di sognare, in tempi così infami, è comunque lodevole. Insomma, se non possiamo più sperare, accontentiamoci di disperare bene, come dice qualcuno. Non sarà molto, ma è già qualcosa