La Brianza, per la prima volta da 10 anni (dall’epoca della composizione del primo “gabinetto” di Roberto Maroni, per capirci, ma volendo ignorare l’ultimo rimpasto dell’era Formigoni, a pochi mesi dal voto del 2013, il periodo si allunga fino almeno agli anni Novanta) non avrà una rappresentanza all’interno della giunta regionale della Lombardia.
Il dato politico non è affatto irrilevante ed è, anzi, un brusco campanello d’allarme: il fatto che un territorio che, in termini economici (qui la maggior concentrazione in Italia di imprese per chilometro quadrato), culturali e sportivi, non è di certo secondario nel panorama nazionale, non abbia un proprio esponente all’interno dell’organo che governa la prima regione del Paese è sintomatico di quella perdita di influenza della provincia briantea che denunciamo ormai da qualche tempo. Il confronto con Pavia o Mantova è impietoso. Una situazione che trova un riflesso nell’assenza di esponenti realmente brianzoli pure all’interno dell’esecutivo nazionale. Eppure, dalla Pedemontana alla metro, passando per Villa Reale, non poche sono le sfide importanti che attendono Monza e il suo circondario nei prossimi anni.
Che cosa manca? L’interesse delle segreterie dei partiti? Oppure una “lobby territoriale”? Bisogna iniziare a chiederselo. Con urgenza.