Ho visitato più volte lo studio di Eugenio Galli (classe 1951) a Seregno, città dove è nato, è avvenuto in occasione della preparazione negli anni di sue mostre a Milano e in Italia, pur abitando l’artista per anni prima a Briosco luogo già conosciuto da molti per essere la sede anche del museo Rossini Art Site, ed oggi a Casatenovo nella foresteria di una villa settecentesca. L’ho incontrato sia per visionare via via il suo lavoro, pittorico e scultoreo, sia per verificare che il suo lavoro fosse in linea con il panorama e le estetiche del nostro tempo; dico questo perché spesse volte gli artisti lavorano e producono senza sapere se siano o meno sulla strada giusta.
Eugenio Galli: i gioielli, la scultura, la pittura
Per la verità il seregnese Galli nella sua vita ha lavorato gioielli, quindi un certo senso del fare l’ha sempre avuto, gioielli tagliati, assemblati, incastonati (non è stato il solo visto che anche gli scultori Pomodoro, Giò e Arnaldo, hanno avuto le mani in pasta nel settore), e mi fermo qui; parallelamente ha creato capitoli significanti in pittura e in scultura. Sculture grandi e piccole, per lo più in acciaio corten, materiale adesso molto in uso nella scultura contemporanea, con il quale ha ritagliato, aggiunto, compattato forme che vivono la loro verticalità in modo intensamente plastico; talune monumentali, opere e forme astratte, collocate in siti prestigiosi, basti pensarealla sua grande scultura monumentale “l’ala di riserva” che è stata collocata e inaugurata nell’estate 2011 sulla tomba di don Tonino Bello nel cimitero di Alessano, sulla stessa tomba dove ha pregato papa Francesco lì giunto appositamente da Roma.
Un suo capitolo pittorico ha riguardato l’astrazione, grandi e piccoli teleri che hanno raccolto accensioni di luce e colore, cariche di un respiro interno come pochi altri artisti hanno manifestato, teleri le cui vibrazioni di colore e luce, forme assolute, hanno lasciato leggere quell’estrema spoliazione del linguaggio che si è spinta oltre la materia e ha invaso un tracciato spirituale. Achille Perilli, Cy Twombly, Gastone Novelli, tutti nomi che mi sovvengono e che ritrovo nell’operato di Eugenio Galli, nomi legati al tracciato informale degli anni Sessanta e Settanta. Perché anche la grammatica estetica di Galli contiene qualcosa che forse è ancora più utile in quanto fornisce gli strumenti adatti per un’interpretazione più approfondita di quanto non sia stato fatto fino ad ora della straordinaria vicenda di questo pittore, una sorta di stigmatizzazione dei regimi autoritari e della cultura borghese che hanno sempre richiesto un’arte oleografica, stereotipata e banale, propugnando il proprio metodo sperimentale, che non avrebbe aspettato il ’68 per iniziare la sua contestazione.
Eugenio Galli: l’astrazione e le percezioni
Un’assolutezza centrata sulla definizione di un colore evocativo, di scie colorate, di segno-scrittura in crescendo, di un apparire o di un nuovo consistere di presenze ormai lontane dal figurabile, di un codice a senso che fa capo all’essere in bilico fra astrazione pura e permanenza di tracce che paiono senz’altro emotive. Eugenio Galli non si è mosso mai in modo isolato, tracce e rimandi del suo lavoro, vivono nel paesaggio lombardo, come già fu a suo tempo con quel maestro che è stato Ennio Morlotti.
Va significato che Galli in gioventù terminati gli studi scientifici a Monza ha lavorato nella bottega orafa di famiglia specializzandosi in gemmologia, ma contemporaneamente ha frequentato lo studio del mio amico artista Gianni Arde; con lui Galli ha iniziato un intenso periodo di formazione e collaborazione giungendo ad una personale elaborazione del colore e della scena, sicchè abbandonata la figurazione, agli inizi degli anni ’90 si è soffermato proprio sulla questione della luce approdando ad uno spazio creativo sottolineato da un colorismo fine e sommesso. Ecco come iniziano i suoi cicli astratti, denominati materia e spirito, percezioni universali, iridescenza cromatica, sino ad arrivare alla recente produzione pittorica che sfocia in una particolare filosofia che va sotto il nome di “elegia del bianco” con opere che sono una originale galleria di mondi sognati, di toni delicati e sfumati nella ricerca dell’universalità spirituale.
Eugenio Galli: i paesaggi mentali
Questa sua pittura da qualche decennio vive di un ritmo interno sensazionale, pur se dipendente da una meditazione sulla poetica del gesto; si avvia e cresce lentamente, si fa corpo di un nuovo paesaggio, mentale, e ancora novella geografia fatta di materia, polvere e colore, come testimonianza del vivere, dell’esserci, del vissuto; è certo che la pittura rimane protagonista assoluta che ha ormai conquistato una sua grammatica colta, bella, avvincente, sicuramente segnata da un’eredità e qualità tutta lombarda. Da anni ormai seguo il naturale percorso artistico, l’incessante ricerca di Eugenio Galli, tutta affidata alla cultura, alla storia stessa dell’arte e delle sue forme.
Paesaggi analitici, paesaggi monocromi, antracite,ambra, rosso, azzurro o bianco,ecc.e spesso anche sfumature di questi, paesaggi in movimento, territori tellurici, formelle che accendono lo spazio, lo sviluppano in modo singolare movimentandosi in alto e in basso, dentro e fuori, a destra e a sinistra, materie come segno, segni e forme nel e del paesaggio. Paesaggi mentali, alimentano una poesia di ombre e luccichii, scalfiture, crepe, attese, segni che raccontano le trame della terra, e non solo, ma anche l’anima del tempo che avvolge ogni cosa e le fa pulsare. I battiti occasionati da Eugenio Galli ormai raccontano con i suoi paesaggi analitici, le sue installazioni a più corpi, come le nove formelle incastonate in un corpo unico, il suo finito che è ancora infinito. Terra e cielo, cielo e terra, il corpo e la pelle, gli stigmi fisici e mentali, tutto nell’orizzonte dello sguardo e nello sguardo. Dal buio alla luce, un tragitto quello di Eugenio Galli che campiona come pochi una visione dell’arte tutta italiana.
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Nato nel 1949, Carlo Franza è uno storico dell’arte moderna e contemporanea, italiano. Critico d’arte. È vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (lettere, filosofia e sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e assistente ordinario. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore straordinario di storia dell’arte moderna e contemporanea (Università La Sapienza-Roma) , ordinario di lingua e letteratura italiana. Visiting professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose università estere. Giornalista, critico d’arte dal 1974 al 2002 a Il Giornale di Indro Montanelli, poi a Libero dal 2002 al 2012. Nel 2012 ritorna e riprende sul quotidiano “Il Giornale” la sua rubrica “Scenari dell’arte”.