Alexander Shmelev parlava di un rifugiato che ha guidato per 30 ore fino a Pristaniste, il rifugio di Budva da lui creato il 5 marzo, appena 14 giorni dopo l’invasione russa dell’Ucraina.

Il rifugio è composto da 3 residenze con più unità, dove circa 78 rifugiati provenienti da Ucraina, Russia e Bielorussia possono riposarsi e decidere poi se trasferirsi in un altro paese o diventare residenti permanenti in Montenegro.

Queste sono le vittime “con cuore” che molto spesso vanno incontro a trattamenti ostili a livello internazionale e punizioni interne dalla loro patria, la Russia.

Le criptovalute agevolano tutto in questi ambienti, in quanto richiedono poco per funzionare, al contrario, i conti bancari richiedono una burocrazia talmente complicata che sarebbe impossibile da rispettare in queste circostanze. Questo è ciò che abbiamo capito dal”incontro con questo attivista.

Ma anche gli stessi cittadini russi, non toccati in prima persona dal conflitto, hanno iniziato ad utilizzare le criptovalute per pagare beni e servizi. Il controllo russo e le sanzioni hanno paralizzato quasi interamente l’economia russa.
Insomma, chi vuole aiutare gli ucraini ed è residente in Russia, deve attuare delle precauzioni per evitare di essere scoperto e di essere accusato di tradimento.
Si evidenzia comunque che al momento non risultano persone punite per aver fornito supporto agli ucraini.

Ma gli analisti legali russi sconsigliano totalmente l’utilizzo di conti bancari privati ​​per assistere gli ucraini, perchè non ci sono prove che lo stato non possa tracciare i movimenti e, di consegunza, perseguire chi li ha effettuati.

Le crypto sono molto più sicure, ma l’anonimato al 100% non ce l’anno nemmeno loro.