È al centro dei dibattiti politici nazionali e, con tutta probabilità, lo sarà ancora di più man mano che si avvicineranno le elezioni europee e amministrative: è la riforma dell’autonomia differenziata che accorderà alle regioni la possibilità di chiedere a Roma le risorse per gestire direttamente alcune materie ora di competenza dello Stato.
Autonomia regionale, cosa fare poi: i Lep
La legge, cavallo di battaglia con cui la Lega risponde al premierato auspicato da Fratelli d’Italia, ha ottenuto il primo semaforo verde al Senato ma, se l’iter non si bloccherà, serviranno diversi anni perché venga applicata: prima di quel momento il Governo dovrà fissare per ogni materia i lep, livelli essenziali di prestazione.
Autonomia regionale, cosa fare poi: Alessandro Corbetta (Lega)
«È una riforma molto complessa – afferma il capogruppo della Lega in consiglio regionale Alessandro Corbetta – andiamo avanti passo dopo passo perché, tra l’altro, è necessario affrontare il tema del personale» che sarà decentrato dai ministeri.
Una volta approvata definitivamente la riforma in Parlamento, aggiunge, si apriranno le trattative tra lo Stato e le regioni che, singolarmente, dovranno firmare una intesa con il Governo con cui definiranno quali competenze assorbiranno. Ogni regione potrebbe seguire una procedura differente: in Lombardia, ad esempio, l’accordo dovrà essere votato dal consiglio regionale.
Sulla carta i territori potrebbero chiedere fino a 23 materie: «Per tagliare i tempi – aggiunge Corbetta – potremmo partire dalle cinque che non richiedono i lep ovvero i rapporti internazionali, il commercio con l’estero, la previdenza complementare, la protezione civile e le professioni».
Autonomia regionale, cosa fare poi: Fabrizio Figini (Forza Italia)
Il suo collega di Forza Italia Fabrizio Figini auspica che il Pirellone possa gestire in tempi brevi le politiche energetiche, quelle del lavoro, l’istruzione e la sanità: «Mancano i medici di base che dipendono dal servizio nazionale – nota – se rientrassero in quello regionale e riuscissimo a snellire la burocrazia che li soffoca potremmo intervenire» per cercare di ridurre le criticità.
Autonomia regionale, cosa fare poi: Martina Sassoli (Lombardia Migliore)
Concorda Martina Sassoli di Lombardia Migliore: «La sanità è la materia più complessa ma è la nostra priorità – dice – la Lombardia è un punto di riferimento a livello nazionale e attrae pazienti da tutta Italia». Per questo, aggiunge, maggiori margini di manovra potrebbero ridurre le liste d’attesa e fornire risposte alla carenza dei dottori di famiglia.
Autonomia regionale, cosa fare poi: Alessia Villa (Fratelli d’Italia)
«L’autonomia – avverte Alessia Villa di Fratelli d’Italia – dovrà basarsi su un modello solidaristico e non competitivo: credo che se riuscissimo a partire con le competenze legate al mondo del lavoro e delle imprese e alla tassazione potremmo dare risposte positive al territorio».
Autonomia regionale, cosa fare poi: Gigi Ponti (Pd)
«Il Pd – ricorda il consigliere regionale Gigi Ponti – ha presentato una proposta firmata dall’ex ministro Francesco Boccia in cui i lep sono dirimenti rispetto alle deleghe: è necessario configurarli in modo che i territori possano gestirli. Occorre, inoltre, evitare il rischio di passare da un centralismo statale a uno regionale».
Autonomia regionale, cosa fare poi: Gianmarco Corbetta (M5S)
«L’autonomia è prevista dalla Costituzione – commenta il coordinatore brianzolo del Movimento 5 Stelle Gianmarco Corbetta – il problema è come verrà attuata. I lep sono fondamentali per garantire equilibrio all’intero Paese».