È accusata di “offesa pubblica all’islam” e – come riporta l’agenzia di stampa Ansa – si trova in un carcere di Marrakech dopo una condanna in primo grado a 3 anni e mezzo e circa 4.800 euro di multa.
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Rischia di essere un secondo caso Patrick Zaki quello che sta interessando una ragazza italiana di 23 anni, di origine marocchina, nata a Vimercate nel 1998, località dove a quel tempo si erano temporaneamente trasferiti i genitori, e cresciuta in Brianza.
Studentessa universitaria a Marsiglia, in Francia, dove frequenta la facoltà di Giurisprudenza, nel 2019 in un post Facebook aveva ribattezzato il versetto coranico “Kautar”, quello dell’obbligo al sacrificio, “versetto del whiskey”.
Trascorsi due anni, quando lei stessa probabilmente si era dimenticata di quel post social, atterrata in Marocco per raggiungere i familiari, intenzionata a trascorrere con loro un periodo di vacanza, anche in vista della festa del sacrificio del 21 luglio, all’aeroporto di Marrakech, è stata bloccata dalla polizia di frontiera alla dogana aeroportuale.
La ragazza, che è in possesso di doppio passaporto, italiano e marocchino, avrebbe mostrato soltanto quest’ultimo. Un particolare che agli occhi delle autorità del luogo l’avrebbero fatta figurare come cittadina marocchina, quindi di religione musulmana, che, come tale, con quel post social avrebbe “offeso pubblicamente l’Islam”.
Dopo aver trascorso qualche giorno con i genitori, in attesa della udienza di primo grado, la 23enne è stata convocata in tribunale e la corte ha sentenziato una condanna a 3 anni e mezzo oltre al pagamento di 50mila dirham con il trasferimento in carcere.
Della vicenda è interessata l’ambasciata italiana a Rabat. L’ambasciatore, alle agenzie, ha riferito in modo stringato di stare seguendo il caso, “particolarmente delicato”.
Al lavoro anche il consolato italiano onorario di Marrakech che sta cercando di raccogliere informazioni su quanto accaduto alla ragazza visto che attualmente non ci sarebbero comunicazioni ufficiali, mentre la notizia della condanna sarebbe stata pubblicata dal Ministero della giustizia marocchino in lingua araba.