Ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 33 persone e oltre 50 perquisizioni di persone e aziende, anche in provincia di Monza e Brianza, da parte dei militari della Guardia di Finanza di Torino nell’ambito di una operazione denominata “Ferromat”. Secondo la Procura di Torino apparterrebbero a tre distinte associazioni per delinquere finalizzate al traffico illecito di rifiuti metallici e all’emissione ed utilizzo di documenti per operazioni inesistenti.
Operato anche il sequestro preventivo di 8 società operanti nel settore del commercio di rottami metallici e di beni per oltre 270 milioni di euro, tra cui disponibilità finanziarie, immobili, veicoli e quote societarie. Coinvolti circa 300 finanzieri appartenenti a 21 Reparti del Corpo nei territori delle regioni Piemonte (provincie di Torino, Alessandria e Cuneo), Lombardia (oltre che Monza e Brianza interessate le provincie di Milano e Bergamo), Liguria (provincia di Savona), Friuli Venezia Giulia (provincia di Udine), Toscana (provincia di Pisa), Campania (provincia di Benevento), Puglia (provincia di Foggia), Sicilia (provincia di Messina).
Le indagini sono state avviate dopo il sequestro, nel 2018, in occasione di un controllo su strada da parte di un’altra forza dell’ordine di denaro contante a due italiani, uno titolare di una ditta operante nel commercio di rottami. Sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Torino – Direzione Distrettuale Antimafia i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino, mediante accertamenti bancari, approfondimento di decine di segnalazioni di operazioni sospette, intercettazioni telefoniche e telematiche, posizionamento di telecamere e di Gps veicolari, acquisizione di videoregistrazioni presso uffici postali, avrebbero raccolto “ elementi gravemente indizianti”, che hanno portato a sostenere l’esistenza dei gruppi, attivi fin dal 2015, anche all’estero. In particolare, gli indagati, sempre secondo le indagini, avrebbero predisposto “documentazione fiscale e amministrativa falsa al solo scopo di “regolarizzare” ingenti quantitativi di rifiuti destinati a società di capitali “utilizzatrici”, con sede in Piemonte e Lombardia”. Sarebbe stata occultata la reale provenienza dei rifiuti, quindi la corretta tracciabilità della filiera di produzione, di recupero e smaltimento attraverso società “filtro” “cartiere” (anche in Germania) e con il supporto di una fitta rete di soggetti “prestanome”.
Sempre nell’ipotesi investigativa, le organizzazioni illecite, grazie alla falsa documentazione “avrebbero quindi potuto introdurre nel regolare commercio dei rottami ferrosi rifiuti metallici acquistati in nero e privi dei requisiti di conformità e tracciabilità previsti dalla legislazione europea”. Non solo: la falsa documentazione avrebbe anche consentito agli imprenditori-utilizzatori finali del materiale di dedurre costi “in nero”, configurando pertanto anche reati fiscali.
Le Fiamme gialle torinesi attraverso le intercettazioni hanno ricostruito “continui e frenetici prelievi di denaro contante effettuati dai titolari delle “cartiere” presso uffici postali nazionali e intermediari esteri che poi rientrava nella disponibilità delle società “utilizzatrici”, al netto del compenso del 5-8% trattenuto dall’organizzazione”.