La giunta regionale parla di “approccio one health”, “libertà di scelta del cittadino”, medicina territoriale e di “attenzione al rapporto sussidiario tra strutture pubbliche e private”. Per le minoranze, invece, è un “requiem per la sanità pubblica”.
Inizia così il confronto a palazzo Lombardia tra la giunta di centrodestra e i gruppi di opposizione dopo il via libera della giunta Fontana alle linee di sviluppo della legge regionale 23/2015, cioè la sanità regionale la cui fase sperimentale voluta dall’esecutivo Maroni è ampiamente scaduta. La parola ora passa alla III Commissione “al fine di avviare le audizioni degli stakeholders e redigere un progetto di legge condiviso da sottoporre al consiglio per l’iter di approvazione”.
«Si tratta di un intervento frutto dell’analisi dei risultati raggiunti nel quinquennio dalla legge – spiega Letizia Moratti, assessore al Welfare e vicepresidente – che ha messo in luce punti di forza ed aspetti da migliorare.
Se da un lato l’eccellenza ospedaliera lombarda e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico si sono attestati ai vertici di qualità nazionale, dall’altro è emersa la necessità di valorizzare l’esperienza dell’attività territoriale con continuità dei percorsi di cura, anche alla luce dell’esperienza della pandemia».
«La revisione della legge regionale 23 assume sempre più i contorni di un ritocco ad un sistema ormai fuori controllo» ha replicato Marco Fumagalli, consigliere di M5s, prendendo posizione contro le linee come Azione, +Europa e parzialmente il Pd, che però ha preso tempo per analizzare la proposta.
«Le linee guida della giunta Fontana si collocano in perfetta continuità con la politica di Maroni e Formigoni – ha detto Fumagalli – Si persegue il fine della competizione tra pubblico e privato in ossequio al più sfrenato liberismo».