Il Papa è morto e con lui una voce che, piaccia o no, ha saputo scuotere coscienze e ridare senso a parole troppo spesso abusate: misericordia, fratellanza, umiltà.
A Monza, quella voce me la ricordo bene. Era stata preceduta da un’attesa spasmodica fatta di silenzi e mezze parole. Mesi prima della data stabilita, in città era apparso “improvvisamente” padre Georg. In visita al Duomo. Una “scampagnata” di cortesia aveva buttato lì ufficialmente. Lo avevamo chiesto al diretto interessato e ci aveva confermato: “Una gita di piacere e basta”. Ma si sa, a volte anche i preti possono dire bugie. Era la fase preparatoria del grande evento. Sul sagrato quel giorno il sorriso da copertina del segretario di Papa Ratzinger faceva a pugni con la faccia dell’arciprete di allora.
Terreo e spaventato. Si capiva che qualcosa di importante sarebbe accaduto. Poi un’altra stranezza. Il parco, improvvisamente all’alba, si era popolato di strani personaggi dal fisico palestrato (mio peccato d’invidia lo ammetto). Ombre che fingevano di fare jogging. Sempre in giro attorno all’ippodromo e pure la notte. Che sta succedendo? Il Papa era la risposta. Sarebbe stato lì. Al parco. Francesco lo scelse come altare a cielo aperto per incontrare una folla immensa. C’era il sole quel giorno. Un milione di persone, arrivate da tutta la Lombardia, dalla Svizzera e oltre, con bambini sulle spalle, anziani, scout, famiglie, suore, parroci. Tutti lì, con il naso all’insù e il cuore spalancato, per ascoltare un messaggio che non aveva bisogno di miracoli, ma di verità. E l’altro “miracolo” dopo. Nemmeno una bottiglietta di plastica o cartaccia a terra era rimasta. Perché il Papa era anche questo. Rispetto per gli uomini e l’ambiente. Quel giorno fu una carezza collettiva. Un gesto di vicinanza a una terra travolta dai ritmi del fare, dai muri dell’indifferenza, ma che in quel momento si ritrovò comunità. Quando vidi il cartello del mio vecchio oratorio di Lissone fu più forte di me. Pur avendo una posizione privilegiata per lavoro, mi accodai dietro il prete che nemmeno conoscevo. Poi furono solamente profumi, suoni, emozioni. E quel sole implacabile sulla nuca. Un Papa può anche morire, ma il suo passaggio può diventare ricordo. O forse qualcosa di più…