Non ci sono più i maschi di una volta. Nemmeno tra i pesci. Perché tra le acque del Lambro e, di conseguenza, quelle del Po, barbi, carpe e cavedani cambiano sesso. La colpa è di un tipo particolare di inquinamento e le conseguenze possono essere disastrose.
Il fenomeno è stato osservato da alcuni ricercatori dell’Irsa-Cnr di Brugherio (Istituto di ricerca sulle acque – Consiglio nazionale delle ricerche), coordinati da Luigi Viganò: lo studio è stato pubblicato nel 2016, ma il fenomeno non si è certo esaurito e in via del Mulino continuano a monitorare questi cambiamenti.
Nelle acque analizzate sono stati rinvenuti livelli molto alti di “interferenti endocrini” – cioè sostanze che alterano le normali funzioni ormonali – che, attraverso la catena alimentare, vengono assimilati dai pesci: un “bombardamento” che si ripercuote sul loro apparato riproduttivo, provocandone l’intersessualità. Il che vuol dire che sono stati ritrovati esemplari con gonadi intersessuali, vale a dire contemporaneamente maschili e femminili. «L’alterazione riscontrata più frequentemente – ha spiegato Viganò – è la femminilizzazione: in esemplari di sesso maschile, i testicoli si trasformano in ovaie. In alcuni casi si è arrivati a una completa femminilizzazione».
Pesci con malformazioni di questo tipo sono stati ritrovati nel Lambro e nel Po, subito a valle dell’immissione dell’affluente. Ed è stato proprio dal Lambro che hanno preso il via gli studi dei ricercatori: analizzandone i sedimenti – una “carota” che, come un diario, ha registrato eventi e avvenimenti dal 1961 – hanno trovato tracce di una forte attività estrogenica. A causarla gli scarichi di origine urbana e industriale, fonte di inquinanti in grado di alterare il sistema endocrino dei vertebrati.
«Sono sostanze sia di origine naturale, sia di origine sintetica – ha chiarito Viganò – che si trovano all’interno dei prodotti più disparati: pillole contraccettive e farmaci per la cura del diabete, diserbanti, ritardanti di fiamma, filtri uv, cosmetici e detergenti. Non mancano gli ormoni naturali, frutto del nostro stesso metabolismo».
Dati e grafici alla mano, gli anni più inquinanti sono stati i Settanta e gli Ottanta: proprio in quel periodo il numero di pesci nelle acque del Lambro si era praticamente azzerato. Poi, le norme più stringenti, l’installazione dei primi depuratori, la loro ottimizzazione e i progressi tecnici hanno iniziato a ristabilire la qualità delle acque.
I risultati sono stati solo parzialmente positivi: «Qualche pesce ora è tornato – ha proseguito il ricercatore – ma è difficile ipotizzare che sia nato proprio nel Lambro. Il problema resta e si ingrandisce non solo perché la popolazione è aumentata, ma anche perché i depuratori non riescono ancora a eliminare tutte queste sostanze dalle acque: combinate insieme, sui pesci hanno un effetto finale femminilizzante. L’Organizzazione mondiale della sanità ha stilato un elenco di almeno settecento diverse sostanze che potenzialmente possono agire come interferenti endocrini».
Che succede, allora? Che se un pesce è esposto a queste sostanze, soprattutto in età giovanile, molto probabilmente può presentare alterazioni alle gonadi, in grado anche di comprometterne la capacità riproduttiva. Più tempo passa a contatto con questi interferenti, più marcate sono queste trasformazioni: ecco allora che tra gli esemplari più anziani si trovano quasi solo femmine, perché i maschi si sono femminilizzati. E questo – facile da intuire – può mettere a rischio la sopravvivenza dell’intera popolazione di una certa specie di pesci.
Quanto sia diffusa e quale sia il livello di gravità della problematica è quello che stanno cercando ora di capire i ricercatori dell’Irsa-Cnr: casi simili sono stati documentati nei bacini di molti altri fiumi, tanto in Europa quanto nel resto del mondo.