«Ritengo che le nostre celebrazioni non siano una discriminazione ma un’offerta rivolta alla libertà di ciascuno e non vi sia quindi motivo per ometterle». Il cardinale Camillo Ruini ha risposto così alla domanda del giornalista Francesco Verderami a proposito del caso Ecfop a Monza. In una lunga intervista sul Corriere della sera di lunedì 14 dicembre, in cui ha lasciato intuire la preoccupazione “per una crisi mondiale che è anche crisi di valori: per l’Europa che dovrebbe «oggi riconoscere le proprie radici giudaico-cristiane come qualcosa di vivo»; per gli Stati Uniti, che da Paese guida dell’Occidente «si spera ritornino a essere solido punto di riferimento», per i credenti, che alle volte si consegnano all’«auto annichilimento»”.
Il giornalista nella domanda ha affiancato la figura del vescovo di strada a Palermo che si presenta ai fedeli richiamandosi ai valori della Costituzione italiana e il parroco di provincia a Monza che in una scuola cattolica decide di non dire la messa di Natale per non discriminare gli studenti di altre fedi.
Una posizione, quella del parroco di provincia, spiegata dallo stesso don Marco Oneta, parroco di San Biagio in una lettera inviata al Cittadino e pubblicata giovedì 10 e sabato 12 dicembre.
“Caro direttore, in questi ultimi giorni si è levato un grande clamore mediatico locale e nazionale perché il parroco di San Biagio avrebbe cancellato la messa natalizia nella sua scuola professionale. Ritengo doveroso ristabilire la verità dei fatti. Ente Cattolico Formazione professionale, di cui sono presidente in quanto parroco di San Biagio, ha cinque sedi: Monza Milano Desio Vimercate Carate.
È assolutamente scontato che a tutti proponiamo i contenuti della fede cattolica e che tutti gli anni con tutti celebriamo il Natale. Partendo dalla situazione concreta degli alunni delle diverse sedi abbiamo deciso di vivere il momento celebrativo con l’Eucaristia a Carate, Desio e Vimercate e senza Eucaristia a Monza e Milano. In particolare a Monza il 90% degli alunni non frequenta la messa o perché cristiani ma non cattolici o perché non cristiani oppure, nella stragrande maggioranza, perché molto indifferenti e lontani (e a volte piuttosto critici) rispetto alla Chiesa e alla pratica religiosa. Sono in gran parte adolescenti di famiglie che si rivolgono all’ente cattolico non perché partecipano alla vita ecclesiale ma perché apprezzano la serietà della proposta educativa e professionale.
Pertanto da due anni a Monza, nella settimana che precede il Natale, in orario scolastico, proponiamo una liturgia della Parola assolutamente cristiana e cattolica, con letture bibliche, canti e immagini della tradizione: non si tratta di un rito interreligioso o di qualche proposta genericamente religiosa! Si tratta di un momento di preghiera cattolica, ma senza l’Eucaristia. Questo mi sembra più rispettoso della dignità del sacramento e della situazione concreta dei ragazzi. Mi sembra infatti inopportuno portare a un pranzo persone che in gran parte non possono o non vogliono mangiare: fuori di metafora la Chiesa propone diverse forme celebrative oltre all’Eucaristia. Non dimentichiamo che la Chiesa stessa prevede e a volte esplicitamente esige celebrazioni di matrimoni e funerali senza l’Eucaristia! Quando ad esempio si sposano un cattolico e una non cattolica o una cattolica e un battezzato non credente l’Eucaristia non deve essere celebrata. Non dimentichiamo che i catecumeni (coloro che si preparano al Battesimo) dopo l’omelia devono uscire di chiesa e non partecipano alla momento dell’Eucaristia.
L’Eucaristia non è un gesto magico o di appartenenza culturale, non è un gesto della tradizione come il presepe vivente, ma è comunione con la Pasqua di Cristo, gesto che esprime la pienezza della fede e della vita cristiana. Al di là di queste considerazioni mi sta a cuore far capire che in nessun modo la nostra scuola professionale intende svilire la sua ispirazione cattolica. Al contrario cerchiamo le modalità più efficaci perché tutti i ragazzi, battezzati e non, possano incontrare Cristo, salvezza di tutti gli uomini.
don Marco Oneta”