«Il Congo è come un continente e ci sono infiniti appetiti: sarà difficile capire cosa sia accaduto all’ambasciatore Attanasio»

È il parere di Enrico Casale, giornalista e africanista monzese, che fornisce un’analisi del territorio dove è avvenuto l’attacco al convoglio del Pam, il Programma alimentare mondiale, nel quale è morto l’ambasciatore limbiatese.
Monza Enrico Casale
Monza Enrico Casale Fabrizio Radaelli

«La Repubblica Democratica del Congo è uno Stato enorme, di fatto come un continente, per complessità e vastità ma anche per ricchezza del sottosuolo. E il nord Kivu è un territorio ancora più complesso, per questo sarà difficilissimo capire con esattezza cosa sia accaduto». Enrico Casale, giornalista e africanista monzese, fornisce un’analisi del territorio dove è avvenuto l’attacco al convoglio del Pam, il Programma alimentare mondiale, nel quale è morto l’ambasciatore Luca Attanasio.

«È una zona di confine tra Uganda, Ruanda e, più sotto, Burundi. La RD del Congo è l’ex Zaire, una colonia belga. In Africa i confini non ci sono mai stati, sono stati tracciati dai colonizzatori. Questo ha portato a tantissime popolazioni divise a metà. Pensiamo al Ruanda, ad esempio e agli hutu e tutsi che sono comunque anche in Congo e in Burundi, i tutsi anche in Uganda. La colonizzazione ha portato in quell’area di confine così ricca di miniere e piantagioni anche altre etnie. Attualmente nella zona la situazione è delicatissima. I ranger del Virunga non sono gente improvvisata, ma preparata e abituata a intervenire tutti i giorni, se non altro per difendere l’area dai predatori. Ma un conflitto a fuoco di quella portata è sempre un’incognita».

«Negli anni Novanta – spiega Casale – dopo il genocidio del Ruanda e con la rivolta a Mobutu Sese Seko, partita proprio dall’Est del paese, la situazione del Kivu è divenuta ancora più critica. Qui ci sono gli appetiti di molti ed è una situazione complicata anche dal punto di vista etnico. Sono arrivati lì gli hutu scappati dal Ruanda dopo aver compiuto il genocidio e lì hanno creato il movimento Fdlr, quello che è stato accusato dell’uccisione dei due italiani e dell’autista congolese. Testimoni dicono di aver sentito parlare la loro lingua. Ma non è così semplice, perché quella lingua è parlata anche da altri. Certo, nel loro caso si tratta di persone di violenza inaudita, che puntano al controllo delle vaste miniere della zona. Inoltre secondo un rapporto recente, in Kivu sono presenti 120 milizie e nel Nord Kivu ve ne sono 40. Non si tratta certo di milizie che portano avanti progetti politici, molte sono solo bande di predoni. Può dunque essersi trattato di un tentativo di sequestro a scopo di riscatto. La strada Bukavu-Goma, è indicata da molti missionari come pericolosa, quella nello specifico percorsa dal convoglio verso nord non è segnalata tra le rischiose, ma in un territorio così tutto può succedere. Ricordo che stiamo parlando di un’area dove sono presenti anche le milizie Adf, di origini ugandesi: sono legate agli jihadisti islamici e sono violentissime» .