In tre mosse avrebbero introdotto nel mercato dell’arte qualcosa come 462 opere false – esposte anche a Londra, New York e Parigi – per un giro d’affari stratosferico, 20 milioni di euro. Ad architettare tutto un’organizzazione composta da 12 italiani scoperta dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Monza.
C’era chi produceva le opere false, copie dei “Volumi” della Dadamaino (Edoarda Emilia Maino), artista molto apprezzata in quanto contribuì attivamente ai movimenti dell’avanguardia artistica milanese degli anni Cinquanta con ricerche geometrico-percettive; chi forniva finte certificazione di autenticità delle opere, e, infine chi, in una galleria d’arte della provincia di Milano, per garantirne la legittima provenienza apponeva sulle opere, prima della vendita, il timbro di una rinomata fondazione culturale.
A far scattare le indagini che hanno portato alla successiva scoperta dell’associazione a delinquere è stata una denuncia presentata da un esperto d’arte proprio ai carabinieri monzesi nell’ottobre del 2014. Aveva notato uno spropositato incremento sul mercato proprio dei “Volumi”.
Coordinati della Procura di Milano, i militari, guidati dal maggiore Francesco Provenza, hanno individuato i 12 soggetti, tutti denunciati. Si tratta, tra gli altri, di tre componenti dell’archivio di Dadamaino, incluso l’allora direttore artistico, stimato critico d’arte a livello internazionale che hanno fornito la certificazione, altrettanti titolari della galleria d’arte che ha immesso sul mercato le 462 opere false e del direttore della Fondazione culturale che ha garantito la legittima provenienza delle opere, vendute sul mercato antiquariale italiano e estero a un prezzo oscillante tra i 20mila e i 60mila euro ognuna.
Novanta le opere false sequestrate durante 31 perquisizioni nelle provincie di Asti, Bergamo, Brescia, Firenze, La Spezia, Lodi, Mantova, Matera, Milano, Modena, Monza e Brianza, Pisa, Roma e Varese.