L’attività di ricerca coordinata di migliaia di scienziati in tutto il mondo ha consentito di individuare i fattori genetici che comportano il rischio di contrarre il Covid-19 in forma grave. Ai risultati di questo lavoro, pubblicati sulla rivista “Nature”, ha fornito un importante contributo il progetto “Storm, STudio OsseRvazionale sulla storia naturale dei pazienti ospedalizzati per Sars-Cov-2” con cui l’Università di Milano-Bicocca, in sinergia con l’Asst di Monza, ha creato un super-archivio dei dati clinici, diagnostici, terapeutici e dei campioni biologici relativi ai pazienti Covid-19 ricoverati presso l’ospedale San Gerardo di Monza e l’ospedale di Desio.
Per quanto riguarda il progetto complessivo, a cui hanno contribuito anche l’Università degli studi di Milano e Humanitas University, sono stati raccolti i risultati di 61 studi provenienti da 25 paesi. Il gruppo di lavoro che ha costituito il “Covid-19 Host Genomics Initiative” ha esaminato i dati di 50mila pazienti positivi al virus e quelli dei controlli su due milioni di persone non infette, realizzando uno dei più grandi studi di associazione a livello genomico. Ciò ha permesso di individuare 13 loci, o posizioni nel genoma umano, che sono fortemente associati al rischio di infezione da Sars-CoV-2 o alla gravità della malattia. Di questi, due avevano frequenze più elevate tra i pazienti di origine orientale o dell’Asia meridionale rispetto a quelli di origine europea e uno dei due è vicino al gene FOXP4, collegato al cancro del polmone. La variante FOXP4 associata a Covid-19 grave aumenta l’espressione del gene e ciò induce a ritenere che l’inibizione del gene possa rappresentare una strategia terapeutica. Altri loci associati a Covid-19 grave includevano DPP9, un gene coinvolto anche nel cancro del polmone e nella fibrosi polmonare, e TYK2, che è implicato in alcune malattie autoimmuni.
«Dallo studio pubblicato su “Nature” arriva un importantissimo contributo alla conoscenza dei fattori che incidono sulla possibilità di contrarre il virus e di sviluppare un quadro clinico in forma grave – afferma il professor Pietro Invernizzi dell’Università di Milano-Bicocca –. Come comunità scientifica dell’Università di Milano-Bicocca e dell’ospedale San Gerardo di Monza siamo orgogliosi di aver contribuito a questo risultato. La pandemia ci ha messo alla prova chiamandoci a gestire un numero altissimo di persone colpite dal virus senza inizialmente conoscere molto della patologia, compreso i fattori che ne influenzavano la gravità. Ci siamo attivati sia per la cura dei pazienti che per lo studio dal punto di vista scientifico. Oggi abbiamo compiuto grandi passi in avanti. In particolare, sapendo che le caratteristiche genetiche impattano sulla gravità della malattia, possiamo pensare di gestire meglio i singoli casi, individuando i sottogruppi con specificità dovute al patrimonio genetico. L’obiettivo è trattare i pazienti in maniera mirata fino ad arrivare a cure personalizzate. Questo vale per quanti in futuro verranno colpiti dal virus Sars-CoV-2, ma in generale – conclude Invernizzi – ha valore anche per le altre infezioni virali».