A tutti, quando si parla di sette, vengono subito in mente le “Bestie di Satana”. Sono trascorsi quasi vent’anni dalle prime condanne. Ma il fenomeno è molto più variegato e multiforme e spazia anche nell’esoterismo, magia nera e stregoneria. Tra le più diffuse e pericolose, oggi, ci sono le cosiddette ”psicosette”. A parlarne è Luca Scolamiero, vice questore e dirigente della Squadra Mobile che in Questura si occupa anche di questo fenomeno.
Fenomeno psicosette: i primi segnali d’allarme già trent’anni fa
Già trent’anni fa, spiega il dirigente, il Ministero dell’Interno diede i primi segnali d’allarme quando, nel 1994 e poi ancora nel 1998, pubblicò due report sull’argomento.
«Nel primo si dava notizia dell’operatività accertata di 36 gruppi con qualche centinaio di adepti, in quello successivo, solo quattro anni dopo, si attestò che i gruppi attivi erano in realtà 137 con diverse migliaia di seguaci. E soprattutto si manifestarono i primi allarmi, appunto, per le psicosette: ne furono individuate 15 con ottomila adepti».

Fenomeno psicosette: non solo matrice criminale
Nonostante alcune siano dedite a reati (stalking, truffe, lesioni personali, e istigazione al suicidio e omicidio nei casi più gravi), Scolamiero premette che non tutte le sette hanno necessariamente una matrice criminale.
«In generale hanno la tradizionale struttura piramidale verticistica con un leader, seguaci e adepti» spiega. Tra le sataniche, le più note, «che non negano l’esistenza di Dio ma combattono la sua figura», le più pericolose per l’ordine pubblico sono le “acide”, come le “Bestie”, caratterizzate da un leader «che si spaccia per essere un referente diretto di Satana» e dall’uso di sostanze stupefacenti e alcol oltre che di «spiccate forme di aggressività e violenza».
Fenomeno psicosette: scopo meramente economico
Le psicosette non hanno invece nulla a che vedere con aspetti “spirituali”, esistono per uno scopo meramente economico, vogliono “spennare” la vittima di turno.
«La particolarità è la scelta trasversale dell’obiettivo, agiscono in maniera uniforme in tutte le zone d’Italia e nel 75-80% dei casi attingono da ceti medi o elevati. Si celano anche dietro a insospettabili “associazioni di volontariato” o “gruppi studio”: “il loro numero non è quantificabile e si moltiplicano di giorno in giorno. Come tutte le altre si riferiscono a una figura apicale che millanta doti fuori dal comune e promette agli adepti» – persone adescate con cura, particolarmente fragili e se possibile “danarose” – “di poterli aiutare”. La scelta ricade su soggetti che vivono un momento particolarmente difficile, «per una malattia, problemi lavorativi o relazionali» spiega Scolamiero «Subiscono letteralmente il lavaggio del cervello con tecniche meticolosamente studiate». Lo scopo si raggiunge per step: «isolando fisicamente la vittima prescelta da familiari, interessi, amicizie e hobby» con l’indottrinamento psicologico e facendola sentire una “prescelta” del leader truffatore. Una volta caduta nella rete uscirne è difficile: «la vittima è sottoposta a minacce, anche indirizzate ai familiari».
Fenomeno psicosette: attenzione ai segnali, cercare aiuto
Cosa fare per prevenire il fenomeno? Chi frequenta una possibile vittima deve prestare attenzione a segnali «in famiglia e a scuola, a traumi subiti, a situazioni di improvviso isolamento, picchi di aggressività e cambi di personalità» spiega il dirigente della Mobile.
E poi ci sono ovviamente le segnalazioni al 112 «oppure alla Comunità Giovanni XXIII di Rimini, attiva dal 1968, fondata da don Oreste Benzi e che dal 2002 si occupa anche di sette e mette a disposizione un numero verde attivo 24 ore su 24». «Mediamente ricevono fino a tremila richieste di aiuto all’anno, soprattutto indirette, da parte di parenti o conoscenti delle vittime» dice Scolamiero.
La Polizia di Stato, anche sul fronte repressivo, conta, dal 2006, su una specifica Squadra Antisette attiva a Roma al Servizio Centrale Operativo: «che coordina sul piano investigativo in materia tutte le Squadre Mobili d’Italia assicurando la diretta partecipazione nei casi più delicati». «Attualmente – conclude Scolamiero – nel nostro territorio provinciale non risulta la presenza di sette».