Coronavirus, al ristorante a maggio sul modello Wuhan? Come sarà tornare a mangiare fuori

Ristoranti aperti a maggio con il modello Wuhan? L’ipotesi di una svolta domotica dentro e fuori i locali, addio al vis-à-vis, menu sullo smartphone personale, due metri di distanza tra le persone sui tavoli e riduzione di un terzo dei clienti. Ne parla Vincenzo Butticè, referente dei Ristoraturi Uniti.
Monza ristorante - foto di repertorio
Monza ristorante – foto di repertorio Fabrizio Radaelli

Mentre il Paese intero inizia a pensare alla fase due dell’emergenza Covid 19, i titolari delle infinite attività di Monza e Brianza sono chiamati a inventare una nuova quotidianità, fatta di nuove regole, di adeguamenti tecnologici che saranno necessari e obbligatori.

Gesti semplici e comuni come andare in un bar a prendere un caffè, sedersi a tavola per mangiare una pizza, entrare in un ristorante per la cena dovranno essere necessariamente ripensati.

Coronavirus, al ristorante a maggio sul modello Wuhan? Come sarà tornare a mangiare fuori
Monza Vincenzo Butticè

«Per quanto riguarda i pubblici esercizi si ipotizza una riapertura tra un mese, ma in questo lasso di tempo si dovranno stendere linee comuni e soprattutto i titolari dovranno adeguare il proprio locale», spiega Vincenzo Butticè, referente del comitato Ristoratori Uniti che si è formato nelle scorse settimane dopo l’inizio della crisi e la serrata generale. Il modello a cui si guarda è quello di Wuhan.

Si inizia con una drastica diminuzione dei coperti, per poter garantire almeno due metri di distanza tra i clienti.

«Chi aveva prima 100 coperti ora potrà gestirne al massimo 33. E questo comporterà inevitabilmente una diminuzione del personale. Non è però permesso licenziare i collaboratori e quindi, cosa possiamo fare? Servono risposte vere e urgenti», continuano i ristoratori di Ri. Un., da settimane in costante colloquio con le istituzioni.

Ma come sarà un ristorante dopo il coronavirus? «Cambierà tutto». Fin dall’ingresso i clienti non potranno toccare nulla: niente maniglia ma solo porte ad apertura domotica, oppure, in alternativa, la porta di ingresso sempre aperta. Anche in bagno si dovranno fare lavori di ristrutturazione.
«I clienti non dovranno toccare maniglie e porte, l’erogatore del sapone e l’accensione dell’acqua dovranno essere a comando pedale. Anche i tovaglioli di carta non andranno più bene, si dovranno usare solo asciugatori ad aria». All’ingresso sarà obbligatorio misurare la temperatura a tutti i clienti e ai dipendenti due volte al giorno. I dati poi verranno registrati, pronti per essere verificati dagli organi ispettivi.

Tra un tavolo e l’altro ci dovranno essere due metri, sempre seguendo le linee guida cinesi.

I clienti non si potranno più sedere uno di fronte all’altro ma solo accanto. A fare da separé ci potrebbe essere un pannello antibatterico alto circa 50 centimetri. Niente più menù di carta. I clienti dovranno scaricare la app del ristorante e consultare da lì la carta.

«Dovremo ridurre la complessità del lavoro – aggiunge Butticè – Se prima tre persone lavoravano agli impiattamenti più complessi, adesso se ne dovrà occupare uno soltanto. Questo significa che l’offerta sarà più essenziale, si ritornerà a una cucina semplice e tradizionale e soprattutto italiana».

Adeguare i locali con tutte queste novità costerà ad ogni titolare dai 15.000 ai 40.000 euro. «Noi Ristoratori Uniti vogliamo metterci in rete per proporre noleggi operativi. Queste attrezzature non le acquisteremo ma potremo affittarle, abbassando così notevolmente i costi. Sarà comunque difficilissimo riprenderci – conclude Butticè – ed è per questo che gran parte delle nostre energie le impiegheremo per sviluppare l’attività di delivery, per poter sopravvivere, in attesa del vaccino».